Redazione

La Scintilla  

Periodico dell'Associazione Culturale Progetto Nazionale


 

Contattami

Commenta o seguimi on line

Hai domande o suggerimenti per un articolo? Non esitare a lasciare un commento, condividere le tue idee o mandare un saluto.

Contattami...

La Scintilla numero 57 del 28 settembre 2024

La proposta presenta problematiche piuttosto rilevanti sebbene la recrudescenza di eventi climatici la possa rendere necessaria

ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA SULLA CASA?

Riflessioni tecniche e spunti sull'obbligatorietà della polizza assicurativa circa le catastrofi naturali ed eventi atmosferici

Dopo gli ultimi ed ennesimi allagamenti si sta discutendo di una proposta volta a rendere obbligatoria un'assicurazione sul proprio immobile contro eventi naturali e catastrofi.

Nonostante la proposta possa in qualche modo essere interessante, presenta problematiche piuttosto rilevanti sebbene la recrudescenza di eventi climatici estremi renda necessaria una maggiore copertura assicurativa. Nello specifico solo nel 2023, le compagnie assicurative italiane hanno pagato oltre 6 miliardi di euro in sinistri riconducibili ad eventi atmosferici e alluvioni, un massimo storico per l'Italia.

Tuttavia, l'obbligatorietà di queste polizze condurrebbe sicuramente ad un aumento sproporzionato dei premi, parallelamente a riduzioni delle garanzie offerte. Le compagnie cercano di mantenere la loro profittabilità, motivo per cui potrebbero introdurre clausole restrittive e franchigie elevate, rendendo difficoltoso per i cittadini stipulare polizze per proteggersi da rischi catastrofali.

Una soluzione potrebbe essere l'implementazione di un modello assicurativo misto, simile a quello francese, attraverso SACE BT (società iscritta nell'Albo delle Imprese di assicurazione e rassicurazione italiane), già esistente all'interno di Cassa Depositi e Prestiti. Questa struttura, con garanzia statale, permetterebbe alla compagnia di sostenere anche una combined ratio superiore al 100%, eliminando la necessità di produrre un profitto immediato. Le polizze potrebbero essere modellate in modo da non gravare sugli assicurati, soprattutto in zone a basso rischio.

Ad esempio, in un sistema mutualistico, i cittadini che vivono in aree a basso rischio potrebbero contribuire a sostenere le polizze di chi vive in zone ad alto rischio sismico o idrogeologico. Inoltre, il 12,5% della tassa sui fabbricati, attualmente inclusa nei premi assicurativi, potrebbe essere destinato a finanziare questa compagnia, insieme a un possibile contributo dell'ANIA (Associazione Nazionale fra Imprese Assicuratrici) per reinvestire nei progetti di tutela e infrastrutture.

Infine, per limitare l'impatto sui cittadini, si potrebbe prevedere l'obbligatorietà della polizza solo per la prima casa, lasciando al mercato assicurativo tradizionale la gestione delle seconde case od altre tipologie di immobili. Inoltre, le case in condominio, già assicurate collettivamente, potrebbero essere tutelate attraverso una modifica delle polizze condominiali, evitando sovrapposizioni con le assicurazioni individuali.

Al momento le aziende avranno l'obbligo di assicurarsi entro 31 dicembre 2024. Questo obbligo riguarda tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia, iscritte nel Registro delle Imprese. La polizza copre i danni causati da calamità naturali quali terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni, a beni come fabbricati, macchinari e attrezzature industriali o commerciali.

Tuttavia, la normativa prevede alcune eccezioni.

Gli imprenditori agricoli non sono tenuti a sottoscrivere questa assicurazione obbligatoria, in quanto continuano a beneficiare del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni meteoclimatici previsti dalla Legge di Bilancio 2022. Inoltre, è previsto che la mancata adesione a tale obbligo possa influenzare l'accesso a contributi e agevolazioni pubbliche, penalizzando le imprese che non si conformano alle disposizioni legislative. Per coloro che non sottoscrivono la polizza, sono previste sanzioni pecuniarie che vanno da 100.000 a 500.000 euro.

Sempre per le aziende si potrebbe però adottare un modello simile, con contratti basati su un ente ibrido, lasciando la gestione del "disaster recovery" e dei rischi più elevati a compagnie specializzate nel settore.

Ovviamente i contributi potrebbero variare in base ai redditi sino ad un accorpamento della polizza assicurativa da parte del Comune attingendo con una percentuale dalle tasse di IMU e TARI. Questo comporterebbe una maggiore attenzione nonché un immediato intervento nelle emergenze strutturali come la pulizia dei fiumi e dei corsi d'acqua e soprattutto dei cacali di scolo spesso limitati dalla scarsa pulizia dei tombini. Su questo tema occorre chiamare in causa il Genio Civile troppo spesso esageratamente burocratizzato, più attento alle infrazioni che a dotarsi della celerità necessaria nei casi di rischio e soprattutto prevenzione!

L'Emila Romagna ne dovrebbe sapere qualcosa visto che il torrente Budrio, il fiume Silaro e il fiume Montone hanno rotto gli argini esattamente nello stesso punto dell'esondazione nel 2023. 

Continua...

Scarica questo numero de La Scintilla in pdf cliccando il link qui sotto 

La Scintilla numero 56 del 14 settembre 2024

Il rapporto è di circa 400 pagine e analizza in maniera piuttosto approfondita varie tematiche in ottica europea

LUCI E OMBRE SUL REPORT DI MARIO DRAGHI PER L'EUROPA

La parte analitica del rapporto si basa su dati solidi e incontrovertibili, delineando un quadro piuttosto preoccupante

Recentemente Mario Draghi, per alcuni un genio contemporaneo della macroeconomia per altri un "vile affarista", ha presentato un report atteso da molti.

Circa un anno fa, infatti, Draghi era stato incaricato dall'Unione Europea di redigere un report sulla competitività europea con l'obiettivo di identificare e proporre soluzioni per le sfide economiche e strutturali che l'Europa dovrà affrontare. Il rapporto è di circa 400 pagine e analizza in maniera piuttosto approfondita varie tematiche in ottica europea. Uno sguardo attento va al piano energetico, dall'approvvigionamento alla transizione ad energie rinnovabili. Si passa poi al tema dell'innovazione e della digitalizzazione, alla difesa unica europea, all'industria spaziale, all'automotive, al farmaceutico e tanti altri ancora. La parte analitica del rapporto è basata su dati solidi e incontrovertibili, delineando un quadro piuttosto preoccupante e per certi versi sconfortante.

"L'Europa non cresce, non corre, l'Europa dorme. Tutto il mondo intorno invece si sviluppa a grande velocità mettendosi alle spalle il Vecchio Continente".

Come può infatti un grande ed elefantiaco apparato burocratico che deve continuamente mettere in accordo 27 Paesi, fronteggiare due colossi come Cina e Stati Uniti? Il primo sovvenziona con fiumi di denaro le proprie aziende, appositamente per fare dumping sui mercati e schiacciare qualsiasi forma di concorrenza.

Il secondo ha fatto dell'innovazione e della tecnologia il suo core business attirando le migliori menti e i capitali di tutto il mondo.

Se paragonassimo l'economia globale ad una partita di pallone, potremmo immaginare Cina e USA come due grandi goleador, mentre l'UE come arbitro in mezzo a questi due fuoriclasse. Gli altri segnano, corrono, dribblano L'UE legifera, regola, scrive e applica istruzioni per qualsiasi cosa rimanendo a guardare gli altri giocare e vincere.

Nel delineare il quadro c'è poco da dire. Draghi ha descritto una situazione che sapevamo già e che da lungo tempo descriviamo in mille maniere.

Arriviamo dunque alla parte più critica del rapporto, la pars costruens. Cosa propone il pluri salvatore dell'Italia, dell'Europa e del mondo per metterci al sicuro anche questa volta? (Evidentemente gli scorsi salvataggi non hanno funzionato così bene).

La ricetta può essere riassunta in due macro-punti:

  • Centralizzazione e rafforzamento della Governance Europea

  • Investimenti per 800 miliardi di euro all'anno

Il primo punto penso sia condiviso da tutti quelli che si ritengono Nazionalisti Europei e si auspicano un forte Europa Unita ed efficace nel prendere le corrette decisioni strategiche per governare il continente. Draghi spinge verso una struttura federale con un forte governo centrale in grado di coordinare al meglio gli stati federati per quanto riguarda le politiche fiscali, industriali, estere, aerospaziali e un sistema di difesa comune.

Su questo punto prendiamo atto che Draghi si è avvicinato alle stesse posizioni che noi da tempo portiamo avanti.

Il secondo punto che viene proposto è invece il più critico dei due. O meglio, qualcuno più volgare di chi scrive potrebbe benissimo commentare questo punto con un vivace "E grazie al ca***!", ma non si utilizzeranno tali termini.

Dopo tutto, da un neokeynesiano non ci si poteva aspettare niente di meno.

Forse non tutti i lettori hanno colto di che quantità di denaro stiamo parlando, facciamo un altro paragone per renderne più semplice la comprensione.

Sospendendo per un momento il giudizio politico che si può avere sul Piano Marshall e considerandolo meramente da un punto di vista economico, questo era stato concepito per la ricostruzione dell'Europa distrutta dai bombardamenti (la maggior parte dei quali provenienti dagli aerei degli stessi finanziatori del piano) della Seconda guerra mondiale. Il piano prevedeva l'erogazione di risorse pari a poco meno del 2% del PIL europeo all'anno.

Ora, nel 2024, 800 miliardi all'anno equivalgono a poco meno del 5% del PIL Europeo.

Il Piano Draghi sarebbe pari a quasi tre Piani Marshall messi insieme.

A chi non piacerebbe poter investire risorse infinite nell'economia e realizzare opere avveniristiche e mirabolanti?

Il problema è sempre uno e uno soltanto, da dove dovrebbero arrivare queste infinite risorse?

Quello che Draghi fa intendere ma non dice, è di tornare ad accendere la stampante e sfornare nuovo denaro per gli investimenti.

Il vero problema è che non esistono pasti gratis e credo che Draghi conosca bene l'equazione

+ Denaro = + Inflazione.

Abbiamo appena finito di scontare gli effetti inflazionistici del piano "Next Generation EU" che ha moltiplicato la massa monetaria con nuovi 750 miliardi di euro portando l'inflazione del continente a due cifre come non si era mai visto dall'avvento della moneta unica.

Non penso sia necessario ricordare quanto l'inflazione così generata abbia creato enormi disagi specialmente ai cittadini con redditi medio/bassi. L'inflazione in fin dei conti è una tassa indiretta su tutti i cittadini ma che colpisce principalmente i meno abbienti. Ora, il "Next Generation EU" è un piano che nasce da una situazione straordinaria e da condizioni molto complicate quindi chi scrive non si sente di considerarlo in maniera completamente negativa. Mettiamo per un momento sulla bilancia i due piani "Next Generation EU" e il "Piano Draghi". Il primo ha stanziato 750 miliardi distribuiti su sei anni e ne abbiamo potuto ben osservare gli effetti nefasti sull'inflazione.

Il secondo prevede un quantitativo paragonabile ma ogni anno! Praticamente un intero Next Generation EU ogni anno, per svariati anni consecutivi.

Quindi siamo spacciati? Cosa fare?

È innegabile che l'Europa abbia bisogno di investimenti, la soluzione tuttavia non può essere la stampa di nuova valuta. Potremmo cominciare dall'allocare le risorse che già abbiamo in maniera efficiente, questo sarebbe già un enorme passo avanti.

Un secondo spunto potrebbe essere istituire un grande fondo sovrano europeo per investire nelle grandi infrastrutture e nelle catene di approvvigionamento energetico (chissà che un domani l'Europa non possa diventare finalmente energeticamente sovrana senza dipendere da terzi e abbassare così il prezzo dell'energia per le proprie industrie), un fondo costituito dai capitali derivanti dagli avanzi di bilancio degli enti pubblici e dai grandi capitali privati che vorranno investire in infrastrutture redditizie (sì, usiamo per una volta il capitale privato per fare gli interessi europei). Si passerebbe così dal paradigma del debito infinito che si espande sempre più inflazionando il denaro, alla concezione del risparmio che viene valorizzato e frutta valore per tutta la società europea.

Il Partenariato tra Pubblico e Privato (il famoso PPP) è un ottimo strumento per utilizzare il knowhow e l'expertise dei privati per scopi pubblici, allocando in maniera efficiente i rischi e le competenze tra i due soggetti e lasciando la possibilità di coinvestire nei progetti. Ci sono tante opportunità per raccogliere risorse che non siano solamente accendere la stampante e fare triliardi di debiti con conseguente inflazione a due cifre, o strozzare le imprese con tasse insensate. Difficile far capire questo concetto ad un banchiere centrale neokeynesiano.

Termino la mia disamina facendo notare che il Draghi pare che ora sostenga la necessità di mutualizzare il debito con l'emissione di bond europei, andando a superare la frammentazione dei debiti statali e condividendo il merito creditizio degli stati europei. Tale idea, fino a poco fa, era sempre stata fortemente respinta dall'ex banchiere centrale che ultimamente sembra essersi ricreduto.

Benvenuto sulle nostre posizioni mister Draghi, sarebbe interessante capire questo insolito cambio di casacca.

Se dobbiamo proprio fare debito, si spera poco, almeno facciamolo uniti come europei per avere condizioni migliori sul mercato. In conclusione, il report di Mario Draghi propone alcuni spunti interessanti e condivisibili ma sicuramente la strategia risolutiva va modificata e affinata. Su una cosa non c'è alcun dubbio, l'Europa è ad un punto di svolta epocale. Ora o mai più è il momento di agire uniti e compatti, altrimenti rimarremo per sempre a rincorrere da lontano le altre potenze fino a diventare completamente irrilevanti.

Noi siamo nazionalisti, nazionalisti europei.

Marco Massarini

Scarica questo numero de La Scintilla in pdf cliccando il link qui sotto

La Scintilla numero 55 del 9 agosto 2024

Gli Stati comunitari stanno lavorando a una nuova legislazione per rendere l'UE climaticamente neutra entro il 2050  

LA FOLLIA EUROPEA SUL RIPRISTINO DELLA NATURA

Il regolamento mira a mitigare i cambiamenti climatici ed aiutare l'UE a rispettare i suoi impegni internazionali in materia 

Il 17 giugno il Consiglio europeo ha adottato formalmente il regolamento, primo nel suo genere, sul ripristino della natura.

Le nuove norme fissano, tra gli altri, i seguenti obiettivi: riduzione delle emissioni di CO₂ del 55% per le autovetture nuove e del 50% per i furgoni nuovi dal 2030 al 2034 rispetto ai livelli del 2021, riduzione delle emissioni di CO₂ del 100% sia per le autovetture nuove che per i furgoni nuovi dal 2035.

Il regolamento mira a mitigare i cambiamenti climatici e gli effetti delle catastrofi naturali. Aiuterà l'UE a rispettare i suoi impegni internazionali in materia di ambiente e a ripristinare la natura europea.

Tra di noi ci saranno sicuramente dei pareri discordanti in merito a questo concetto: siamo degli inquinatori colpevoli o è la natura che ciclicamente rigenera sé stessa con eventi estremi?

Con la normativa europea sul clima il conseguimento dell'obiettivo climatico dell'UE di ridurre le emissioni dell'UE di almeno il 55% entro il 2030 diventa un obbligo giuridico.

I paesi dell'UE stanno lavorando a una nuova legislazione per conseguire tale obiettivo e rendere l'UE climaticamente neutra entro il 2050. Il principale strumento adottato dall'Unione europea per raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 nei principali settori industriali e nel comparto dell'aviazione, è il Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra: ETS (Emission Trading Systsem) Il Comitato ETS (Emission Trading Systsem) in Italia è un organo interministeriale presieduto dal Ministero dell'ambiente e partecipato dai Ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture.

Il sistema è stato introdotto e disciplinato nella legislazione europea dalla Direttiva 2003/87/CE.

Il meccanismo è di tipo cap&trade ovvero fissa un tetto massimo complessivo alle emissioni consentite sul territorio europeo nei settori interessati (cap) cui corrisponde un equivalente numero "quote" (1 ton di CO2eq. = 1 quota) che possono essere acquistate/vendute su un apposito mercato (trade).

Che cosa significa carbon footprint?

La carbon footprint (impronta di carbonio) è una misura che esprime il totale delle emissioni di gas ad effetto serra espresse generalmente in tonnellate di CO2 equivalente, associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, ad un servizio o ad una Organizzazione. 

Cos'è la carbon tax?

La Carbon Tax è uno strumento di politica fiscale adottata da alcuni governi per ridurre le emissioni di gas climateranti. Questa tassazione prevede l'internalizzazione dei costi ambientali associati alle emissioni di gas climateranti. Tutte le attività ad alta intensità di carbonio diventano più costose e si incentiva in questo modo la transizione verso fonti di energia rinnovabile e pratiche sostenibili. Lo scopo di questo meccanismo è quello di ridurre le emissioni di anidride carbonica ed incoraggiare le aziende a trovare modi più sostenibili per produrre beni. L'altro effetto è quello di ottenere un introito fiscale per favorire la transizione ecologica. In sostanza le aziende e le organizzazioni devono realizzare il calcolo della carbon footprint e hanno l'obbligo di pagare una tassa in base alla quantità di diossido di carbonio prodotta.

Continua... 


LETTURA CONSIGLIATA

Con la scusa del clima. Oltre l'ambientalismo mainstream per un futuro consapevole" di Thomas Pedretti, Passaggio al Bosco Edizioni

...scarica questo numero de La Scintilla in pdf cliccando il link qui sotto:    

La Scintilla numero 54 del 10 giugno 2023

Quello europeo, a differenza di altri popoli del pianeta, non è entomofago, non si nutre di insetti! 

PERCHÉ DOVREMMO MANGIARE INSETTI? 

Tutti gli esseri umani hanno lo stesso bisogno di nutrirsi, ma il modo di mangiare e il rapporto con la cucina è specifico di ogni civiltà, ed è condizionato dalla cultura, al di sopra dell'apporto nutrizionale e del costo di produzione

La Commissione Europea, organo decisionale Ue, dopo il "parere scientifico" favorevole dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa, con sede a Parma), ha recentemente stabilito che a partire dal 24 gennaio 2023 potrà essere commercializzata polvere di grillo parzialmente sgrassato nei Paesi Ue. Non è la prima volta, purtroppo, che da Bruxelles approva[1]no queste nuove leccornìe. C'erano state infatti due autorizzazioni precedenti: la prima riguardava la locusta migrato[1]ria, la seconda la tarma della farina (Tenebrio molitor). È un percorso che parte dal 2018, in continua evoluzione, legato alla nuova disciplina europea sul cosiddetto Novel Food (nuovo cibo). L'8 luglio 2020 la Commissione europea aveva chiesto all'EFSA di effettuare una valutazione scientifica sulla polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (il grillo comune) quale nuovo alimento; dopo il sì dell'ente, la farina in questione la potrà vendere per 5 anni solo la società Cricket One Co. Seguiranno in futuro altre specie, dato che attualmente l'Efsa sta valutando 10 domande sugli insetti come alimenti, mentre quattro sono in coda, nella fase dei controlli preliminari a carattere amministrativo. Si tratta solo di una piccola parte, circa il 10% delle quasi 160 domande ricevute dal 2018 a oggi sui nuovi alimenti. Qualcuno ricorderà nel 2022 lo spot pro insetti sul canale Twitter della Commissione europea per sollecitare i cittadini europei a «prendere coscienza» sulla necessità di salvare il pianeta, attraverso una «alimentazione sostenibile». «Che si tratti di uno spuntino o di un ingrediente alimentare, sapevi che attualmente ci sono tre insetti autorizzati nel "nuovo cibo" dell'Ue? Il "grillo domestico", il "verme della farina gialla" e la "locusta migratoria" sono i tre tipi di insetti autorizzati sul mercato Ue»; e poi ancora, con studiati toni "rassicuranti", «La FAO indica che gli insetti sono una fonte di cibo altamente nutriente e salutare. Gli insetti contengono un alto contenuto di grassi, proteine, vitamine, fibre e minerali e possono facilitare il passaggio a diete sane e sostenibili». così suonava il messaggio social istituzionale da piazzista televisivo. Un invito a nozze per il beghinaggio ecologista, con le coscienze green pienamente soddisfatte. E veniamo qui ad un curioso paradosso. Proprio alcune tematiche, verbosamente presenti nell'agenda green, legate ai vari inquinanti (vedi per es. i prodotti fitosanitari), alle infrastrutture cittadine che erodono le campagne, ai cambiamenti climatici, etc., hanno fatto sì che elevato numero di specie di insetti fosse in pericolo. Il quadro allarmante dell'entità dei danni non ci parla solo di api ma di una miriade di altri insetti che scompaiono in silenzio. Ebbene, il mondo industriale e mercantile, responsabile della scomparsa di tante piccole creature, dovrà produrre su larga scala in un prossimo futuro colture di insetti e derivati (come già avviene per l'agroalimentare, considerato che nell'Ue, gli allevamenti di insetti - poche migliaia di tonnellate prodotte all'anno - vengono utilizzati principalmente per nutrire gli animali da allevamento, in particolare il pesce, in un mercato in forte espansione) per l'alimentazione umana!!! E di paradosso in paradosso, i cittadini europei, che comunque rappresentano meno del 10% della popolazione mondiale, sono chiamati a rispettare la transizione alimentare che salverà il pianeta!!! Di fronte alla scarsità di risorse naturali e all'aumento della popolazione mondiale, noi, meno del 10% del pianeta, noi i più sterili di tutte le popolazioni del mondo, noi che attualmente inquiniamo meno degli altri, dovremmo cambiare le nostre abitudini. E non da ultimo poiché è questa volta il bisogno primario dell'essere umano. Robe da matti; o da bugiardi, magari prezzolati. Per fortuna c'è ancora gente che non ha perso il buon senso e il legame con la realtà. «Mangi pure gli insetti chi ha voglia di esotico, ma è un gioco in malafede promuoverli per una dieta sostenibile in alternativa alla nostra», ha commentato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. «Nessuna riserva, ci mancherebbe altro, per chi voglia assaggiare 'cibi' esotici, lontani dalla nostra cultura, sbagliato e diseducativo, però, presentarli come alimenti sostenibili da scegliere in alternativa alla nostra dieta perché meno impattanti sull'ambiente», ha sottolineato. «Si tratta di affermazioni false - ha aggiunto Scordamaglia - perché la nostra dieta non è solo di qualità, ma a basso impatto ambientale». L'agroalimentare italiano, infatti, a fronte del più alto valore aggiunto in Europa pari a 65 miliardi di euro, espressione della qualità prodotta, ha una emissione di CO2 a essa correlata pari ad 1/3 delle emissioni francesi e a metà di quelle tedesche, per non par[1]lare del confronto con altri continenti. «Inoltre - ha proseguito Scordamaglia - va considerato che molti insetti contengono numerosi elementi antinutritivi che ostacolano il normale assorbimento dei nutrienti, riducendone l'efficienza nutrizionale, per non parlare delle sostanze chimiche contaminanti e causa di intossicazione, come quella avvenuta nel 2007 in California per consumo di cavallette importate dal Messico, sostanze spesso presenti in questi insetti, dato che molto spesso essi sono importati da Paesi con standard di sicurezza nettamente inferiori ai nostri». Tutti aspetti reali, quelli contenuti nelle dichiarazioni del Consigliere delegato della nuova realtà associativa che vede per la prima volta il mondo agricolo e l'industria agroalimentare italiana d'eccellenza insieme per difendere tutta la filiera agroalimentare nazionale.

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto:  

La Scintilla numero 53 del 02 febbraio 2023

Un progetto unitario gran continentale europeo può ignorare chi siamo e da dove veniamo?

EUROPA, RADICI E IDENTITÀ

Esiste un "problema indoeuropeo", anzi, per la cerchia dominante degli studiosi (ma non solo per loro) esiste il fastidioso problema "Indoeuropei", che poi, in fondo, è quello della loro unità, che è più che «comunanza linguistica».

LA GRANDE NAZIONE EUROPEA

Può l'unità "continentale" europea fondarsi e reggersi sul solo primato dell'economia?

Se consideriamo l'economia come il dominio degli interessi privati e degli egoismi (potrebbe benissimo essere questa la fotografia dell'attuale sovrastruttura europea), la nostra risposta risulta scontata: no!

Per disegnare una "Europa Potenza", che vada oltre il solo fattore economico, non è possibile prescindere da un Mito fondante, dalla Cultura, dall'Etica, dall'eredità spirituale dei nostri comuni antenati.

La questione delle radici e dell'identità degli indigeni europei, di quelli che in Francia, in una certa area di pensiero, verrebbero definiti gli "europei di ceppo" o "europei di stirpe", è una questione quindi centrale, che dovrebbe interessare la sensibilità di chi - singoli o realtà politiche, dalle piccole alle più ampie - si sente, e magari si definisce (almeno teoricamente), sulla stessa linea di pensiero e continuità con quelle avanguardie rivoluzionarie che nelle diverse fasi storiche del secolo scorso sognarono, tentarono di attualizzare, di rimodulare, l'idea forte e inderogabile di potenza europea; quelli che pronunciarono la parola d'ordine del nazionalismo militante europeo, unica concreta prospettiva storica del nostro tempo e per le nostre genti, innalzandone la bandiera ideale, riaffermando la sua Kultur: Europa-Nazione!

Non era solo uno slogan...

A tale proposito quanto mai ci sarebbe la necessità, oggi (e purtroppo in esiziale ritardo), di riscoprire figure come quelle del diplomatico Filippo Anfuso (ma anche di un Pino Romualdi) e di attualizzare il "suo" pensiero, la "sua" visione europea nazionale, che non è un ossimoro, come ben può comprendere chi ricorda le parole di Adriano Romualdi, figlio di Pino, secondo il quale solo dai nazionalisti di ieri potrà sorgere l'internazionale europea, l'Europa autentica.

«Solo i nazionalisti possono fare l'Europa. Questa affermazione potrebbe sembrare una contraddizione. Essa è invece una verità fondamentale. (...) Dai patologici esecratori d'ogni nazionalismo - nazionalismo come orgoglio, nazionalismo come energia, nazionalismo come coraggio - non può nascere l'autorità e la legittimità d'una nuova, più grande nazione. Ecco perché la bandiera dell'Europa è rimasta paradossalmente affidata agli ex-nazionalisti. (...). Fu così che l'antifascismo - questa formula magica che a qualche sprovveduto sembrò aprire la via dell'Europa - divenne la parola d'ordine dell'Anti-Europa. Guardiamoci in faccia: questo antifascismo del quale continuamente si parla non è la libertà, non è la democrazia, non è il socialismo. Esso è - prima di tutto - la conservazione dello spirito di Yalta in Europa. È la garanzia politica destinata a prevenire la rivolta degli Europei contro i loro padroni russi e americani. (...)». Tratto da I nazionalisti e l'Europa (pagina 45 e seguenti ne "Una cultura per l'Europa" di Adriano Romualdi, Edizioni Settimo Sigillo, 1986).

Il tema, purtroppo, non è di quelli che trovano cittadinanza nella "politica di palazzo", nelle agende delle segreterie di partito, figuriamoci poi in quei partiti nei quali il tema della Cultura nella migliore delle ipotesi sortisce commenti spocchiosi ed ilarità di bassa lega, "stimola" sguardi bovini, quando, peggio, non provoca addirittura l'orticaria al politico "arrivato" di turno.

La Cultura (che qui volutamente scriviamo con la maiuscola) non è per taluni "pratica", non è concreta, non è sentita, non è "attuale", non è prioritaria nè monetizzabile.

Non sempre però è così; fortunatamente ci sono le eccezioni, che però vanno amaramente a confermare la regola.

Tra queste eccezioni nel campo del positivo e costruttivo rapporto Cultura-Politica, per andare ad un recente passato (anche se pare trascorsa un'era geologica), e per trovare qualcuno ai piani medio alti della politica consapevole del fondamentale ruolo della cultura, viene alla memoria la figura del bergamasco Marzio Tremaglia, giornalista, uomo di profonda cultura, consigliere e Assessore alla Cultura della Regione Lombardia nella seconda metà degli anni '90, troppo prematuramente salito al cielo nel 2000 (non ancora quarantaduenne) causa un grave male all'encefalo.

Se scrutiamo l'orizzonte odierno, sempre per restare a livelli d'una certa importanza, possiamo riporre una qualche fiducia in prospettiva futura sull'On. Alessandro Amorese, editore nonché politico legato al territorio, a cui auguriamo il meglio.

Ma non divaghiamo oltre.

A fronte del livellamento globalista, alla de-virilizzazione del "pensiero debole", allo sradicamento cosmopolita, all'aids mentale dell'ideologia woke e della cancel culture che vorrebbe resettare la memoria e riscriverne i paradigmi, è inderogabile per l'homo europeus, riattivare una "cultura delle origini", attingere alle potenzialità atemporali del mito, capace di illuminare millenni e percorsi, fornendo perenni linee di vetta e coordinate imprescindibili.

Riscoprire la poderosa eredità nostra del mos maiorum per rifocalizzare gli orizzonti europei oggi avvolti dalle nebbie.

Credere nell'Europa, credere nella validità delle radici culturali che presiedettero alla formazione della nostra identità profonda; credere nei valori etici millenari su cui il nostro continente poggiò le proprie fondamenta ideali; recuperare «gli ideali attivi che hanno scandito la nascita e la formazione della Civiltà europea»; renderli operativi - attraverso una volontà attiva - nella persona e nel campo d'azione in cui si esercita la propria funzione; tramandare quindi, i valori comuni, "oltre" e "attraverso" la propria persona, consegnandoli alle generazioni future in un anelito di vita votata a ciò che è bello, alto e luminoso.

Amare l'Europa riconoscendo in essa, e attraverso essa, la nostra identità e i germogli del nostro domani. Guarire la rassegnazione strisciante tra gli europei, superare la subalternità europea nello scacchiere internazionale.

Queste, le sfide da raccogliere, in ogni popolo (non plebe) che la compone.

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto: 

La Scintilla numero 52 del 02 luglio 2022

Esiste da tempo l'assenza di una vera politica energetica nazionale, ma anche continentale, con l'Europa che va in ordine sparso 

EMERGENZA ENERGETICA

La guerra in Ucraina ha messo in rilievo la necessità di una strategia energetica e di politiche del settore comuni 

Quasi 3 mesi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, sulle pagine economiche di tutti i quotidiani, nazionali e locali, campeggiavano articoli con interventi allarmati e preoccupatissimi dei vertici delle associazioni di categoria, Confindustria in primis, sulle difficoltà per le Pmi di far fronte ai rincari record di luce e gas - conseguenza dell'aumento dei costi delle materie prime - a cui si accompagna l'inevitabile aumento generale dei prezzi, quindi inflazione, compressione delle marginalità, perdita di competitività rispetto ad alcuni concorrenti globali, e così via. 

Lo spettro concretissimo era, ed è, quello del collasso per tante micro e piccole imprese (che costituiscono la quasi totalità del tessuto produttivo nazionale, danno lavoro a più del 60% degli addetti del settore privato e rappresentano la componente che caratterizza il made in Italy nel mondo), che diversamente da realtà più grandi (comunque in forti difficoltà), non godono di trattamenti di "favore" (1) e non possono chiudere e riaprire a singhiozzo. Va anche sottolineato il fatto che i piccoli imprenditori italiani scontano oltretutto la pena di un carico fiscale superiore a quello dei loro omologhi europei. Ne usciva - lo ribadiamo, non c'era ancora stata l'aggressione russa all'Ucraina - un quadro a tinte foschissime sulle prospettive per le imprese nell'anno - allora - appena iniziato (anno in cui, tra l'altro, le aziende dei settori interessati devono restituire i finanziamenti Covid), ed è un quadro, questo, che comprende anche le realtà non necessariamente energivore, come lo sono invece le imprese del vetro, della ceramica, dell'acciaio, della carta. Poi, come abbiamo visto, sono giunte guerra e sanzioni, a peggiorare lo scenario e le prospettive. Condiviso da tutti, fin da subito, l'appello ad un intervento politico su un tema da più fonti ritenuto tale, pena la morte immediata o differita per il mondo imprenditoriale e produttivo. Da più voci veniva sottolineata la scelta - siamo nei mesi di fine 2021 inizio 2022 - dei pesanti interventi fatti da Francia e Germania per calmierare i prezzi, mentre da noi non si riesce a programmare rispetto ai nostri competitori europei interni, Germania, Francia e Spagna, agevolati da politiche industriali adottate per tempo e per a calmierare i rincari in modo più tempestivo. Mancanza di politiche industriali? Solo quelle? Non solo. La guerra in Ucraina ha messo in rilievo la necessità di una strategia energetica e di politiche del settore comuni, volte ad una maggiore indipendenza. Qualcuno quindi, tutto d'un tratto, ha scoperto (oggi!) l'acqua calda: l'assenza di una vera politica energetica nazionale, ma anche continentale, con l'Europa che va in ordine sparso. E tutti hanno iniziato a fornire le loro ricette, condivisibili sì in parte ma anche assai scontate, quasi sempre dal fiato troppo corto. Proroga della moratoria, in scadenza, per restituire allo Stato e alle banche i fondi Covid; diagnosi energetiche mirate agli interventi di efficientamento energetico a lungo rinviati; modifica delle regole di mercato dell'energia europeo che consentano di stipulare contratti d'acquisto per le forniture più duraturi. Va bene: necessarie e benvenute eccezionali misure congiunturali di emergenza, anche se in Italia le "emergenze" hanno un carattere di permanenza sconosciuto altrove... Temiamo però, fortemente, il rischio di trovarci di fronte a minestrine riscaldate, una tantum, misure tampone sperando che domani...chissà... È evidente che non possono quindi bastare per programmare il nostro futuro. Siamo alle prese, giova ripeterlo, con un problema di natura strutturale e serve una visione strategica, meglio, assolutamente meglio, se su scala europea! Per l'Italia è irrinunciabile un fortissimo aumento (subito si è parlato di un raddoppio) della produzione nazionale di gas, penalizzata dalla forte spinta sulle fonti rinnovabili che hanno disincentivato (da noi e altrove in Europa) a investire su questa materia prima energetica, in particolare nella ricerca e nella gestione di nuovi giacimenti. Qui però deve tornare in ballo, urgentemente e prepotentemente un'altra prospettiva energetica: quella del nucleare civile. Crediamo che il tema del nucleare debba tornare centrale ed attualissimo (ci riferiamo per ovvie ragioni al nucleare di ultimissima generazione) per quelle aree geografiche (dicasi Europa per quel che ci riguarda) che mancano di materie prime fossili e di materie prime abilitanti le fonti rinnovabili, litio, cobalto e terre rare(2). In Europa la Francia è capofila del settore nucleare, grazie a scelte determinate, e grazie a forti investimenti fatti nel passato, che oggi le garantiscono circa il 72% di energia elettrica nazionale. In Italia invece la metà dell'energia elettrica si produce con il gas e un altro 10% viene dal nucleare francese, da molti sempre criticato ma che ci ha fatto comodo. In un'epoca in cui si parla di transizione energetica ed ecologica, suona paradossale aver dovuto registrare oltre il 50% di rincari sulla bolletta elettrica e oltre il 45% su quella del gas, nonostante l'intervento sulle bollette dello Stato, che si è accollato gli oneri di sistema e gli oneri di gestione che pesano per circa i 2/3 della bolletta. Figuriamoci altrimenti! Aumento generale dei prezzi inversamente proporzionale a salari, stipendi e profitti. Segnale evidente di strutturale debolezza intrinseca di un sistema che vive passivamente il rincaro delle materie prime che va a ripercuotersi in tutte le filiere; un sistema che, al di là di convegni e parole ad effetto, poco o nulla ha programmato e fatto per la sicurezza dell'approvvigionamento energetico da parte dei Paesi importatori, come l'Italia ma sostanzialmente un po' tutta l'Europa. Un sistema che si illude che si possa far fronte alla crisi con massicci investimenti solo nelle cosiddette tecnologie verdi (fotovoltaico ed eolico in primis). L'aumento dei prezzi energetici non è dovuto solo ai rincari su gas e petrolio ma, è bene sottolinearlo, anche alla forte incidenza dei crediti di carbonio, o carbon credits, tasse negoziabili (teoricamente nate come uno strumento per la lotta all'inquinamento e il sostegno di uno sviluppo sostenibile fino al raggiungimento della decarbonizzazione.... e fa già ridere così) che si devono pagare se si emette anidride carbonica (e qui non si può mancare di sottolineare il paradosso che stiamo pagando salato le emissioni di CO2 senza che esista attualmente un'alternativa equivalente). Non basta e non basterà a garantire la sicurezza energetica, soprattutto del gas; a fronte del fatto che circa il 70% del gas (ma buona parte del petrolio) che arriva in Europa proviene dalla Russia (il 40% dell'energia elettrica europea dipende dal gas russo); e a fronte dell'apertura di nuovi mercati per i fornitori. Per esempio, tornando alla Cina, l'apertura del suo mercato con la costruzione del gasdotto "Power of Siberia" che veicola le estrazioni dai giacimenti della Siberia occidentale, ha determinato un aumento generale della domanda di gas, una diversificazione della clientela per la Russia e uno sbilanciamento dell'offerta verso l'Europa stessa. A questo va aggiunto il rafforzamento della domanda tedesca sul gas, in seguito alla decisione della Germania di uscire (definitivamente?) dal nucleare - in seguito ad accordi pre-elettorali tra SPD, FDP e Verdi - con la disattivazione il 31 dicembre 2021 di 3 delle sue nove centrali (il processo di spegnimento di Brokdorf, Grohnde e Gundremmingen, ora isolate dalla rete elettrica nazionale in cui non immetteranno più energia, richiederà alcuni mesi). Oggi diversi investimenti vengono dirottati verso tecnologie per la produzione di energia "verde" o rinnovabile (eolico, solare, idroelettrico, geotermico), tecnologie che però hanno uno scarso "fattore di capacità" (capacity factor) vale a dire che l'energia realmente prodotta è estremamente inferiore rispetto all'energia potenzialmente prodotta, perché legate al fattore meteo. Questa non può essere la risposta adeguata all'urgenza, estrema, del momento, che è quindi quella di metter in sicurezza il sistema di approvvigionamento con una pluralità di mix energetico (fonti fossili comprese!) e di calmierare  ulteriormente i prezzi. Al momento in Europa è in atto la tassonomia delle tecnologie verdi per la decarbonizzazione, ossia la loro classificazione gerarchica, dibattito in cui si è tentato di far entrare anche il nucleare (a cui si oppongono Germania, Austria e Spagna) ovviamente come soluzione di medio lungo periodo per l'autonomia e l'indipendenza energetica nell'elettrico, ma abbiamo la forte e amara sensazione che questo sia troppo poco e troppo tardi. Quando si bercia a destra e a manca (soprattutto a manca) di "transizione ecologica", quale salvifico imperativo, è surreale rilevare come troppi ignorino - o fingano di ignorare - che, tanto per fare un esempio abbastanza concreto, per costruire una singola batteria di una "mitica" auto elettrica (il cui peso può arrivare a 500kg) è richiesto lo scavo, lo spostamento ed il trattamento di qualcosa come 225 tonnellate di materie prime in Cina o magari nella Repubblica Democratica del Congo (dove scavano anche i bambini a mani nude, ammalandosi e talvolta morendo per estrarre minerali ricchi di cobalto, strategico per la costruzione delle ricaricabili). Lo ribadiamo, l'obiettivo non può essere che quello di mettere sul campo tanto azioni congiunturali quanto azioni strutturali, senza perdere la visione strategica che non può più (almeno per noi italiani) ignorare la via del nucleare di ultimissima generazione ad uso civile. Uscire dalle pastoie delle preclusioni ideologiche, ingiustificate e fuori tempo! 

Note: 

1) le imprese italiane di grandi dimensioni, sono favorite nell'acquisto di materie prime (commodity) energetiche dal 2018, anno in cui entrò in vigore la riforma degli energivori. Una novità legislativa che prevede un prezzo agevolato dell'energia elettrica per le grandi industrie, azzerando a queste ultime la voce «Oneri e Imposte», ridistribuita a carico di tutte le altre attività produttive escluse dalle agevolazioni. 

2) È così definito un gruppo di diciassette elementi chimici, di difficile individuazione e la cui estrazione-raffinazione-smaltimento comporta un grande impatto ambientale; questo gruppo è composto da: cerio (Ce), disprosio (Dy), erbio (Er), europio (Eu), gadolinio (Gd), olmio (Ho), lantanio (La), lutezio (Lu), neodimio (Nd), praseodimio (Pr), promezio (Pm), samario (Sm), scandio (Sc), terbio (Tb), tulio (Tm), itterbio (Yb) e ittrio (Y). Questi metalli sono essenziali per l'industria tecnologica ed elettronica (per realizzare, per esempio, televisori, memoria del computer, batterie, telefoni cellulari, generatori di turbine eoliche, etc...), ma per la "tecnologia verde" (pannelli fotovoltaici e auto elettriche). La maggior parte dei giacimenti di terre rare si trovano in Cina, che possiede circa un terzo delle riserve mondiali, seguita da Vietnam e Brasile, Russia, India, Australia, Groenlandia e Stati Uniti. Al momento, la Cina è l'indiscusso leader del settore, del quale controlla circa il 90% della produzione totale mondiale, sfiorando livelli monopolistici. Il primato cinese è dovuto a più fattori, come la presenza sul suo territorio dei metalli, le leggi meno stringenti sulla salvaguardia dell'ambiente ed il diffuso know how di lavorazione

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto:

La Scintilla numero 51 del 27 maggio 2022

I 5 quesiti referendari promossi da Partito Radicale e Lega riguardano la Giustizia e meritano tutti e 5 il voto per il Sì 

SUI REFERENDUM FACCIAMO CHIAREZZA!

Tra scandali, inchieste sommarie a sfondo penale, la riforma sull'elezione del CSM e la separazione delle carriere sono i più importanti 

Il 12 giugno si voteranno i 5 referendum sul tema della giustizia. Un tema questo da sempre dibattuto ma fermo da anni nonostante scandali e procedure penali basate su ipotesi sommarie abbiano occupato molto spazio nell'informazione nazionale. I 5 quesiti, come spesso capita per i referendum, non sono mai estremamente chiari tanto che in molti casi l'elettore si può facilmente confondere. Cerchiamo di conoscere l'entità di questi 5 quesiti per una più ampia conoscenza di ciò che crediamo sia utile votare.

Il primo quesito (scheda rossa) recita

«Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?».

Il decreto legislativo che porta la firma dell'ex ministro della Giustizia Paola Severino prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna. Ha valore retroattivo e prevede, anche a nomina avvenuta regolarmente, la sospensione di una carica comunale, regionale e parlamentare se la condanna avviene dopo la nomina del soggetto in questione. Per coloro che sono in carica in un ente territoriale basta anche una condanna in primo grado non definitiva per l'attuazione della sospensione, che può durare per un periodo massimo di 18 mesi. Questa Legge avrebbe dovuto far diminuire la corruzione ma di fatto, nella stragrande maggioranza dei casi in cui la legge è stata applicata contro sindaci e amministratori locali, il pubblico ufficiale è stato sospeso, costretto alle dimissioni, o comunque danneggiato, e poi è stato assolto perché risultato innocente. La legge Severino ha esposto amministratori della cosa pubblica a indebite intrusioni nella vita privata.

Il secondo quesito (Scheda arancione) recita

«Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: "o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché' per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni."?»

La custodia cautelare è una misura coercitiva con la quale un indagato viene privato della propria libertà nonostante non sia stato ancora riconosciuto colpevole di alcun reato.

La custodia cautelare, cioè il carcere preventivo rispetto alla condanna definitiva e spesso rispetto a una qualsiasi condanna anche non definitiva, è una pratica di cui si abusa.

Da strumento di emergenza è stato trasformato in una vera e propria forma anticipatoria della pena.

Ciò rappresenta una palese violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e ha costretto migliaia di donne e uomini accusati di reati minori, addirittura poi assolti, ad entrare in carcere prima del processo.

Il carcere ha un impatto drammatico sulle famiglie e rappresenta anche un onere economico per il Paese: i 750 casi di ingiusta detenzione nel 2020 sono costati quasi 37 milioni di euro di indennizzi, dal 1992 a oggi lo Stato ha speso quasi 795 milioni di euro.

Il terzo quesito (Scheda gialla) recita:

Volete voi che siano abrogati: l' "Ordinamento giudiziario" approvato con Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: ", salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura"; la Legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l'aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 18, comma 3: "La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre"; il Decreto Legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 (Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché' disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: "nonché' per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa"; il Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché' in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: "riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti"; art. 13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: "e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa"; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: "il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,"; art. 13, comma 3: "3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all'interno dello stesso distretto, né all'interno di altri distretti della stessa regione, ne' con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall'interessato, per non più di quattro volte nell'arco dell'intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell'ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché' sostituendo al presidente della corte d'appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima."; art. 13, comma 4: "4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all'interno dello stesso distretto, all'interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento."; art. 13, comma 5: "5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche."; art. 13, comma 6: "6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all'articolo 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa."; il Decreto-Legge 29 dicembre 2009 n. 193, convertito con modificazioni nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 3, comma 1, limitatamente alle parole: "Il trasferimento d'ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall'articolo 13, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160."?».

È bene chiarire che questo è forse il quesito che necessariamente occorre votare per il sì. Oggi un Magistrato può svolgere funzione sia di Giudice giudicante sia di Pubblico Ministero. Ci sono magistrati che lavorano anni per costruire castelli accusatori in qualità di PM e poi, d'un tratto, diventano giudici. Votando per il sì il Magistrato dovrà scegliere all'inizio della carriera la funzione giudicante o di pubblica accusa, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale. Basta con le "porte girevoli", basta con i conflitti di interesse che spesso hanno dato luogo a vere e proprie persecuzioni contro cittadini innocenti.

Il quarto quesito (Scheda grigia) recita:

«Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole "esclusivamente" e "relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a)"; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: "esclusivamente" e "relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)"?».

Questo referendum riguarda le modalità con cui viene valutata la professionalità dei magistrati. La valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati è operata dal CSM che decide sulla base di valutazioni fatte anche dai Consigli giudiziari, organismi territoriali nei quali, però, decidono solo i componenti appartenenti alla magistratura. Infatti questi organismi territoriali sono composti non solo da magistrati, ma anche da membri "non togati": avvocati e professori universitari in materie giuridiche. Questa componente laica, che rappresenta un terzo dell'organismo, è però esclusa dalle discussioni e dalle votazioni che attengono alle competenze dei magistrati, limitata al ruolo di "spettatore". Solo i magistrati, dunque, hanno oggi il compito di giudicare gli altri magistrati. Una condizione che è addirittura in contrasto con lo spirito della Costituzione, che ha voluto che nel CSM vi fosse una componente non togata con eguali poteri dei componenti magistrati. Con il sì viene riconosciuto anche ai membri "laici", cioè avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell'operato dei magistrati.

Il quinto e ultimo quesito (Scheda verde) recita: 

«Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole "unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell'articolo 23, né possono candidarsi a loro volta"?».

Occorre ricordare che il Consiglio superiore della magistratura (CSM) è l'organo di autogoverno dei magistrati e ne regola la carriera. Per due terzi è composto da magistrati eletti.

È presieduto dal Presidente della Repubblica che è membro di diritto al pari del Presidente della Suprema Corte di Cassazione e del Procuratore Generale presso la stessa corte.

Gli altri 24 componenti sono eletti per due terzi dai magistrati, scelti tra i magistrati, mentre il restante terzo viene eletto dal Parlamento in seduta comune. Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del CSM deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme e, pertanto, nei fatti deve avere il sostegno di una delle correnti.

Le correnti sono diventate i "partiti" dei magistrati e influenzano le decisioni prese dall'organo: come ha dimostrato il "caso Palamara", intervengono per favorire l'assegnazione di incarichi ai suoi componenti, decidono trasferimenti e nuove destinazioni.

Si muovono in un'ottica di promozione del gruppo e non sono certo utili per garantire giustizia ai cittadini. Spesso le decisioni sono prese all'unanimità per "pacchetti" concordati tra i capicorrente. L'attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti.

Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura. Avremmo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico.

..scarica questo numero cliccando il link qui sotto: 

La Scintilla numero 50 del 6 maggio 2022

Il ritorno al carbone come fonte di energia non ha registrato alcuna protesta da parte di chi lo ha sempre contestato

L'ENERGIA E IL SILENZIO DEGLI AMBIENTALISTI

Col rischio che vengano compromesse le forniture di gas russo non ci resta che acquistarlo altrove, a prezzi notevolmente più alti

Da molti mesi gli ambientalisti da baraccone, i più esasperati, ma rigorosamente politicamente correttissimi, sono in letargo, messi probabilmente all'angolo dal realismo e dal drammatico incalzare storico dalla guerra in Ucraina.

Tempo fa sarebbe bastata una semplice dichiarazione circa l'utilizzo di energia prodotta dai classici sistemi che utilizzano il fossile per vedere il popolume green balzare dalle sedie ed agitarsi, starnazzando nelle piazze telegeniche.

Tutto il famoso bla bla bla mainstream della giovane svedese Greta, strumentalizzata ed eterodiretta, messo prontamente - ma temporaneamente - nel cassetto in attesa di tempi migliori.

L'impennata internazionale dei prezzi energetici, iniziata prima della guerra in Ucraina, non ha smosso di un millimetro i cosiddetti ambientalisti, forse troppo presi ad organizzare il proprio orticello domestico alternativo in previsione della primavera.

Il ritorno al carbone come fonte di energia (comunque ampiamente insufficiente al fabbisogno nazionale) non ha registrato alcuna protesta di rilievo. L'aumento del costo di materie prime, energia - e conseguentemente dei generi alimentari - ci porta ad una riflessione che da due decenni continuiamo a ribadire: l'assenza di un benché minimo straccio di programma energetico nazionale e la riconsiderazione dell'opzione nucleare.

Qualche mese fa anche Matteo Salvini, che sta nel Governo, in un desueto momento di lucidità politica ha parlato di ricorso al nucleare civile. Qualche superficiale considerazione abbozzata ad uso mediatico, senza però il seguito di alcun serio dibattito tecnico-scientifico, tanto che la cosa si è immediatamente spenta.

A rischio compromissione oggi le forniture di gas dalla Russia (anche) a causa delle sanzioni, sembra non restarci che l'acquistare il gas altrove, in primis dall'Algeria (dove paradossalmente torna in gioco l'azionista russa Gazprom, e dagli USA (nello specifico quello in forma liquida), bramosi di rifornirci a prezzi quasi raddoppiati.

Il ministro Di Maio e il presidente Draghi si sono trasformati così in globetrotters del gas alla ricerca disperata e dilettantesca di alternative che non esistono, quantomeno nei volumi realmente necessari

Va qui ricordato che il metodo di estrazione utilizzato dagli USA, la Fratturazione idraulica (Fracking), è tra le azioni più devastanti sotto il profilo ambientale, tanto che l'UE non l'ha mai considerata come attuabile.

Religioso silenzio anche su questo fronte da parte del qualunquismo verde e dell'ambientalismo di sinistra. Gli interventi del Governo sugli stanziamenti per contenere gli aumenti rimangono meri palliativi, strumenti tampone che peraltro avranno breve durata. L'industria è allo stremo e le famiglie insolventi grazie a politiche nazionali inadeguate ed estere inesistenti. La scusa della crisi causa guerra in Ucraina non è giustificabile, non regge: dovremmo riavvolgere il nastro degli avvenimenti internazionali fino all'aggressione militare in Libia nel 2011, con il masochistico ed assurdo contributo italiano. Quella guerra ci portò a perdere il prezzo privilegiato di acquisto del petrolio libico, considerato tra i migliori in assoluto. Con la morte di Gheddafi gli accordi bilaterali con la Libia sono decaduti, tanto é che, come sovraccarico, il flusso di immigrati da quelle coste è riesploso in un battibaleno.

L'Italia torna a soffrire anche sotto il profilo alimentare. Si apre la stagione del mais e del grano, sempre offerto tutt'altro che a buon mercato, dagli USA, e ovviamente certificato Ogm. I pastifici che stampavano sui pacchi di pasta il «100% grano italiano» ora sono a rischio per la mancata importazione di grano dall'Ucraina (sic!). Solita pubblicità ingannevole. E anche qui, il codazzo protestatario dei poveri gretini non pervenuto.

Torneremo pure al ricorso dell'olio di palma e a tutto ciò che sino a qualche tempo fa non era minimamente tollerato nell'area ambientalista, l'importante è restare politicamente corretti!

LA SOLUZIONE NUCLEARE RIMANE LA MIGLIORE

Nonostante la Russia abbia prevedibilmente giocato politicamente sulla questione del gas, va rilevato che comunque Putin al momento ha rispettato i contratti di fornitura sottoscritti; quindi, al di là delle sue gravi responsabilità circa quanto sta accadendo in Ucraina, il problema va affrontato anche sul piano di come la UE dovrebbe gestire il mercato energetico e le fonti di approvvigionamento.

Da anni gli ambientalisti ideologizzati parlano di ambiente in modo del tutto irrazionale, ragliando di obiettivi totalmente privi di sostenibilità, con filiere che portano ad impatti ambientali molto significativi e ben poco green.

È chiaro quindi che con l'eccezionale aumento dei prezzi di importazione si debba ricorrere ancora ai fossili. Ricordiamo che il presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, è stata eletta dal Parlamento europeo sulla base di un "documento programmatico" che fissa l'obiettivo di trasformare entro il 2050 l'Europa nel primo continente "carbon neutral". A questo fine Ursula von der Leyen ha proposto di innalzare l'obiettivo UE 2030 di riduzione delle emissioni climalteranti dall'attuale 40% ad almeno il 50%, e per fare questo prevede un nuovo rafforzamento del meccanismo ETS (Emission Trading Scheme, tetto massimo complessivo alle emissioni consentite sul territorio europeo cui corrisponde un equivalente numero di "quote" di emissione: 1 tonnellata di CO2 equivalente = 1 quota o EUA) con il coinvolgimento dei trasporti aerei e marittimi.

L'Italia avendo buttato a mare anni di studi scientifici sulla ricerca nucleare d'avanguardia, non ha un suo programma energetico nazionale (ma intanto i nostri cervelli del settore vanno a lavorare all'estero).

Le ultime dichiarazioni del Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani affermano che: la situazione che stiamo vivendo sta costringendo tutti i Paesi ad accelerare verso le energie rinnovabili. Noi cerchiamo di mantenere la road map verso un -55% della decarbonizzazione esattamente come era prima della guerra. Rimpiazzeremo il gas che attualmente importiamo dalla Russia e stiamo accelerando le installazioni di rinnovabili. Cingolani però non dice che stiamo acquistando circa il 4% dell'elettricità dalle centrali nucleari francesi e slovene, situate negli immediati confini con l'Italia. Centrali nucleari che usano massimi sistemi di sicurezza, con un impatto ambientale minimo rispetto ai danni delle emissioni di carbon fossile.

Da poco la Commissione europea è tornata sul fronte del nucleare parlando di impianti di ultima generazione sicuri, e soprattutto "puliti", ma nonostante ciò la battaglia ambientalista, con istituzioni al seguito, non permette al momento nessuna concreta considerazione. Sta di fatto che a livello europeo il fabbisogno energetico prodotto dal nucleare rimarrà statico al 4-5% nonostante, non finiremo mai di ribadirlo, sia un perfetto sostituto della generazione di energia elettrica da carbone.

In un articolo de Il Foglio, datato 18 marzo , il manager, saggista e presidente della Associazione nucleare italiana, Umberto Minopoli, a seguito delle colorate e false proteste da parte di pseudo associazioni come Zero Hour (L'ora zero), con a capo sempre la biondina svedese, ha espresso il timore che i politici si lascino condizionare troppo dalle sirene ambientaliste vestite da bambina, affermando: "Che i governi si nascondano dietro ai bambini per denunciare lo stato del mondo è paradossale e ipocrita. È paradossale perché sono trent'anni che si fa questa denuncia e se davvero siamo in uno stallo come dice il paradigma degli ambientalisti da fine del mondo, con le emissioni carbonifere che non diminuiscono e l'allarmismo che cresce, è perché si è sempre detto che 'si dovrebbe fare qualcosa' anziché intraprendere azioni concrete. È ipocrita che i governi si accodino alla protesta non solo perché era loro responsabilità agire ma soprattutto perché dicono alla popolazione di cambiare le abitudini di consumo, imponendo un cambiamento drastico e insostenibile. Sono i nostri comportamenti l'oggetto della rivolta. Dovremmo proporre un'evoluzione energetica graduale che non si identifica con un modello penalizzante dei modi di vita delle persone".

Abbiamo assistito a quanto successo in Francia, dove il rincaro dei costi di gasolio e benzina ha fatto scoppiare fortissime proteste di strada condotte assiduamente dai Gilet Gialli, tanto da far rinunciare il Presidente Macron ai provvedimenti sul cosiddetto "Eco-friendly", un sistema di vita sempre più difficile da percorrere in tempi moderni.

Opzione nucleare, quindi, in un quadro di intelligente ed efficace mix di approvvigionamento energetico, se ne torni a ragionare quanto prima, senza paraocchi, senza ideologizzazioni fuori tempo massimo, al di sopra dei lamenti plebei strumentali agli status quo, in una ottica di maggior indipendenza europea.

QUELLO CHE CERTO AMBIENTALISMO NON VUOL VEDERE

Se osserviamo oggi il fenomeno "spontaneo" delle Greta (dietro cui operano "filantropicamente One, Open Society di Soros, Bill Gates, Ebay e compagnia cantante) e dei ragazzini del Fridays for Future, fatta salva la loro buona fede e l'ingenuità naturale per l'età, verrebbe proprio da dire che se il cosiddetto "ambiente" (ma noi diremmo Natura) è malato, l'ambientalismo mainstream non se la passa certo meglio!

Affrontare un problema serio e perdurante con un approccio empatico-virale, è la maniera migliore per neutralizzare qualsiasi approccio serio ed organico alla questione.

Addossare genericamente responsabilità a "uomo" "politici" e "società", ignorando differenze e modelli, alimenta qualunquismi ecologici e allontana da analisi pertinenti.

Lo stesso avviene se si fa un tutt'uno tra inquinamento e cambiamenti climatici.

Alcuni dati, a titolo puramente esemplificativo e di stimolo, non essendoci qui lo spazio per approfondire.

Aria. Dati della Banca Mondiale (anno 2014). I 10 Paesi (11, in realtà, dato che all'ottavo posto ci sono due Stati ex aequo) del mondo che emettono più anidride carbonica pro capite sono: Qatar, Curaçao, Trinidad e Tobago, Kuwait, Bahrein, Emirati Arabi, Brunei, Arabia Saudita, Saint Martin, Lussemburgo, Stati Uniti.

Spicca l'assenza quasi totale di Stati europei.

Secondo un recente rapporto di IQAir AirVisual e Greenpeace, invece, è in India che si trovano 7 delle 10 città più inquinate al mondo, che salgono a 22 se si guarda alle 30 località peggiori.

Acqua. Ogni giorno circa 8 milioni di tonnellate di plastica entrano negli oceani. Significativo è che l'80% di questa materia inquinante proviene da solo 10 fiumi, che secondo un report del 2017, sono: Yangtze (Cina), Hai He (Cina), Fiume Giallo (Cina), Mekong (6 Paesi attraversati, tutti in Asia), Pearl (Cina e Vietnam), Indo (Cina, India e Pakistan), Gange (India e Bangladesh), Amur (Russia e Cina), Nilo (7 Paesi attraversati, tutti in Africa), Niger (7 Paesi attraversati, tutti in Africa).

Verrebbe da pensare che abbiamo un grosso problema coi i Paesi cosiddetti "emergenti"?

Da notare che a fronte del fatto che Cina, India e altri Paesi asiatici come Indonesia, Filippine, Vietnam e Sri Lanka sono responsabili del 90% dell'inquinamento di plastica negli oceani e sono in vetta alle classifiche per rilascio di C02, la neo crociata dell'ambientalismo arcobaleno rivolge i propri strali esclusivamente contro il cosiddetto Occidente, e in particolar modo, contro il continente europeo, che secondo le logiche del mondialismo green dovrebbe fare meno figli per inquinare di meno. Curioso...

È di Fratelli d'Italia una recente proposta di imporre pesanti dazi di importazione su prodotti provenienti da nazioni che non rispettano i nostri stessi standard ambientali.

Agricoltura e gas serra. Non è solo fra macroaree e continenti che si registrano significative differenze nell'impatto ambientale delle attività antropiche. Anche all'interno dell'Ue, per esempio, ci sono modelli e modelli. Con 569 tonnellate per ogni milione di euro prodotto, la nostra agricoltura emette per esempio il 46% di gas serra in meno della media Ue e fa decisamente meglio di Spagna (+25% rispetto al nostro Paese), Francia (+91%), Germania (+118%) e Regno Unito (+161%).

Carne. Passiamo ad un altro dogma del qualunquismo ambientalista: "mangiamo troppa carne e così facendo distruggiamo il pianeta". È possibile rintracciare l'origine di questo tipo di argomento in un rapporto allarmistico della Fao del 2006, in cui si stimava che le produzioni animali contribuissero per il 18% alle emissioni globali di gas serra e che fossero responsabili della produzione del 35-40% del totale di metano generato dalle emissioni legate all'attività antropica. Stime più recenti della stessa Fao, tuttavia, riducono al 14% il contributo degli allevamenti animali alle emissioni globali dovute alle attività antropiche. Ma non solo. Laddove esiste una zootecnia tecnologicamente sviluppata (tanto per farla finita con l'idea che la tecnica sia sempre nemica dell'ambiente), gli allevamenti producono dal 2 all'8 % del totale delle emissioni.

Ma è poi vero che di carne ne consumiamo troppa? Gli ultimi studi segnalano che in Italia il consumo reale pro-capite di carni totali corrisponde a 104 grammi al giorno (e non a quasi 300 gr come invece si pensava) pari a 728 gr alla settimana e 37,9 kg all'anno. È la metà dei famosi 71 chili che spesso sentiamo citare nelle discussioni allarmistiche. E ben al di sotto dei 125 chili annui attribuiti dalle statistiche a ciascun americano (ma bisognerebbe vedere l'attendibilità della statistica). Considerando solo la carne bovina, il consumo reale scende a 29 grammi al giorno pro capite, una quantità che si piazza al di sotto delle raccomandazioni dell'Oms che fissano a 100 gr il consumo giornaliero di carne rossa.

Mutamento climatico. Il cambio climatico è parte della storia dell'umanità, ma un conto è il cambiamento climatico, un altro conto l'inquinamento.

Nel 2007 la Nasa riscontrò un riscaldamento non solo planetario ma anche a livello di Sistema Solare (ne dava notizia il giornale Repubblica, oggi schieratissimo sui dogmatismi alla Greta Thunberg). Sì, si registra un incremento di temperature sul nostro pianeta; sì, la Terra si sta scaldando; peccato però che stia accadendo anche su Marte, la cui temperatura è salita di 0,6 gradi centigradi in soli 20 anni contro gli 0,7 in circa 150 anni sulla Terra. E su Giove, la cui temperatura negli ultimi decenni ha ripreso ad alzarsi dopo un ciclo di raffreddamento, proprio come successo negli stessi anni sul nostro pianeta. Ma anche su Tritone, luna di Nettuno, la cui temperatura superficiale è aumentata di 2 gradi. Contemporaneamente alla Nasa, anche il Mit rilevava gli stessi dati su Plutone e sulla nostra Luna. La causa? Una intensa attività solare, che oltre al riscaldamento terrestre ha anche effetti sull'aumento delle piogge in Africa Orientale e su altri episodi legati al famoso "cambiamento climatico". Esattamente quello che dicono gli scienziati oggi.

Franco Prodi fisico dell'atmosfera e climatologo di fama mondiale (e fratello di Romano Prodi), in una intervista sull'Huffington Post di ottobre 2019, sosteneva che al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell'uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato.

I dati che abbiamo a disposizione dicono che, dai primi anni dell'ottocento (quando sono state impiantate le prime stazioni meteorologiche in diverse parti del mondo), la temperatura media globale è cresciuta ogni secolo di un decimo di grado. Questo è innegabile, nessuno lo contesta. Ciò che è in discussione, nella comunità scientifica, è la causa di questa crescita. Nel tardo Medioevo, intorno all'anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l'uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95 per cento è colpa dell'uomo?

La scienza del clima è ancora nell'età dell'infanzia. È nata nel 1800. Prima non esisteva nulla di paragonabile. E con i modelli che ha a disposizione, può solo elaborare degli scenari incompleti. Incompleti, soprattutto, se qualcuno intende basare su di essi il destino dell'umanità. Farlo, non sarebbe un atto di coscienza ecologica. Piuttosto, di incoscienza scientifica.

Perché a parlarci di riscaldamento globale e mutazioni climatiche ci sono politici e ragazzini, ma quasi mai scienziati?

Franco Prodi? Un negazionista! Come Rubbia e Zichici d'altronde! Scienziati di fama internazionale, lodati e incensati, ma guai a smentire la narrazione che deve passare...

Trasporto marittimo. I più lo ignorano, ma il traffico navale ha un impatto devastante a livello di inquinamento. C'è chi sostiene che una ventina di navi porta containers inquinano quanto la totalità degli automezzi circolanti nel mondo. Sono cargo colossali, lunghi trecento metri - Maersk ne ha di 400 metri, quattro volte un campo di calcio - perché più sono colossali, più peso e containers possono trasportare, e quindi più il costo del trasporto diminuisce. I loro titanici motori, onnivori, bruciano ovviamente tonnellate di carburante: ovviamente il meno costoso sul mercato, residui della distillazione catramosi, financo "fanghi di carbone", con altissime percentuali di zolfo che alle auto, semplicemente, sono vietate.

Per questo 20 cargo fanno peggio che tutto gli automezzi sulla Terra. Il punto è che non sono venti; sono 60 mila supercargo che stanno navigando gli oceani, traversano gli stretti di Malacca, fanno la fila per entrare nel canale di Suez, superano Gibilterra e dirigono alle Americhe.

Non solo, ma ogni anno si contano 122 naufragi - uno ogni tre giorni - di cargo con più di 300 containers; che finiscono in mare col loro contenuto: quanto di questo contenuto è inquinante? Secondo gli esperti, ogni anno vanno a fondo in questo modo 1,8 milioni di tonnellate l'anno di prodotti tossici. Insieme, beninteso, a duemila marinai; duemila morti l'anno, perché il loro è il secondo mestiere più pericoloso del mondo.

Quando i grandi cargo ripartono, sono in parte scarichi avendo lasciato sulla banchina parte dei containers: allora, per stabilizzare l'equilibrio, pompano nei cassoni decine di tonnellate di acqua di mare. Con migliaia di pesci e creature viventi che poi trasportano, e scaricano, a migliaia di chilometri dal loro habitat nativo. Per tacere del rumore dai motori (sott'acqua, risulta 100 volte il volume sonoro di un jet), un inquinamento acustico fortemente sospettato di disorientare i grandi cetacei, che sempre più spesso finiscono spiaggiati.

Curiosamente il Protocollo di Kioto non copre il trasporto marittimo, ignora quel che inquina e distrugge....

Si vuole quindi negare qui, sic et simpliciter, un problema? Un enorme problema? No!

Non si vuole semplicemente cadere in una ipnosi collettiva, e si vuol cercare di trattare una questione estremamente complessa senza ricadere nella propaganda ambiental-qualunquista, perché c'è in noi la consapevolezza che strumentalmente e in piena malafede si vogliano mettere sotto processo questioni altre rispetto al vero cuore del problema.

Esiste la necessità e il dovere di una rivoluzione integrale spirituale e dello stile di vita europeo. Questo lo affermiamo senza esitazione.

La Scintilla numero 49 del 23 marzo 2022

Roberto Perticone scrive parole poetiche su ciò che fu l'inizio di una rivoluzione e di una grande indicazione politica

23 MARZO 1919: SI APRE UNA NUOVA EPOCA

Nessuno da Atene in poi era riuscito a preannunciare l'arrivo del mondo nuovo fissando punti legislativi profumati di poesia. 

"Il futuro si agita nella mente di pochi". La Carta del Carnaro celebra consapevolmente la sua avanguardia intellettuale e programmatica.
Nessuno da Atene in poi era riuscito a preannunciare l'arrivo del mondo nuovo fissando punti legislativi profumati di poesia. Mixing Memory and Desire.
Nella Repubblica di Fiume si sviluppano i sogni e i desideri della civiltà dell'Uomo che sogna, lavora , produce , condivide, solidarizza e vive al più alto livello emotivo e dignitoso possibile. Non viene discriminato perché non ne conosce e non ne vuole neppure conoscere gli aspetti contaminanti. Puro , nella sua intimità ed innocenza esistenziali.

La Costituzione Repubblicana viene promulgata per tutelare la sublimazione delle sue aspirazioni.
La più bella costituzione del mondo.

Che garantisce tutte le libertà.
Che concepisce la proprietà privata, ma disegna la corporazione di Arti e Mestieri.

Nove corporazioni dove la decima era dedicata a "chi fatica senza fatica" , "all'uomo novissimo" , "al genio ignoto".

La nobiltà del lavoro. Da contrapporre allo sterile concetto svilente se esclusivo LAVORO / GUADAGNO. Lavoro che è il solo padrone di ogni profitto, che abbatte l'usura di Stato.

ATTUALITÀ DEL MESSAGGIO

"La casta politica che insudicia l'Italia da 50 anni , non sa amministrare che la propria immondizia, Basta grideremo a Montecitorio ed al Quirinale. Da troppo tempo il popolo attende una parola di vita ! Ci siamo levati soli contro l'immenso potere dei ladri, degli usurai e dei falsari. Loro sono morti. Guardateli nel viso quando seggono al banco del Potere con le braccia conserte e contemplano il soffitto che non crolla . Le vecchie seggiole sono più vive di loro. Affrettiamo l'ora del seppellimento...."
G. D'ANNUNZIO

settembre 1919

La Costituzione più bella del mondo.

La capacità di celebrare la rivoluzione prima intima poi universale , lo stacco dalle banalità e dal mediocre , per promuovere il nuovo, il sacro , il bello anche e finalmente attraverso leggi complici, meravigliosamente strategiche, a tutelare una fioritura di idee e di princìpi di avanguardia.
Il socialismo puro che si coniuga con il senso di Nazione e la Legge che ne garantisce i reciproci determinanti confini.

La poesia , la Musica e l'Arte che consacrano ,nel vortice di una riscossa dantesca , le pagine della vita sociale dettando i ritmi e anticipando i tempi. Invisibili antenne.

La valorizzazione delle virtù , perché "l'uomo intiero di Fiume è colui che sa ogni giorno inventare la sua propria virtù per offrire ai suoi fratelli un nuovo dono".

TUTTE LE ETÀ

SONO

CONTEMPORANEE

La Carta del Carnaro sorge alle pendici del Monte Olimpo , attraversa i Fori Imperiali , splende nei borghi medievali e si nutre di Dante, dimora nelle ville del Palladio. Annuncia il futurismo ed il fascismo , disegna il domani ed ora rimane lì, fiaccola nel buio, ungathered. Petalo su un ramo umido e nero: "Abolisce o riduce la centralità soverchiante dei poteri costituiti".

NON MANCA LA

LIBERTÀ,

MANCANO GLI

UOMINI LIBERI

Non inchinatevi dinanzi ai poteri del capitale. Fatelo dinanzi a chi lavora e a chi produce. La nostra legge è schiavitù d'amore. Il nostro motto è libertà e dovere. La Carta anticipa di 100 anni il concetto di libertà. Perché chi l'ha preparata era nella vera e rara e straordinaria sfera degli UOMINI LIBERI ,non in quella dei libertari virtuali frustrati e rosi d'invidia.

La Carta anticipa la dignità femminile, pari per natura , anticipa l'assurdità e la vergogna del razzismo , anticipa il diritto a dei e religioni diverse, esalta ante litteram l'icona emblematica del fascio e della sua ecumenica capacità rappresentativa . Il Fascio che accetta legittima e raggruppa ogni elemento, diverso ed unico nella sua forma, ma armonioso e complementare nel suo nobile progetto complessivo. La Carta anticipa chiarendone la reale genesi l'eterno dilemma DESTRA CONSERVATRICE / DESTRA RIVOLUZIONARIA. Il determinante contributo di Alceste De Ambris rappresenta la reale adesione del gruppo dannunziano ad un movimento socialista , un po' anarchico (per evitare complicità con i governanti del momento) , nazionalista, sindacalista , futurista e di elevatissimo profilo intellettuale.

La soluzione vincente poi adottata dal fascismo e dalla carta del lavoro del 27 trae linfa pura dalle istanze morali ed ideologiche socialiste arrecando elementi nuovi come il corporativismo e la socializzazione .
L'esaltazione del lavoro come principio etico di sublimazione dell'Uomo e la consapevolezza dei suoi diritti sposano finalmente l'impegno dell'investitore che condivide nel concetto fiumano l'apporto del lavoratore come partner indispensabile nello sviluppo dell'impresa. È rivoluzione . È il rifiuto sistematico dell'odio marxista , ma la volontà di valorizzazione paritetica tra i due elementi fondanti il processo produttivo. Una conquista per entrambi i soggetti , nell'ottica di un processo di crescita umana e professionale promosse e regolate da uno Stato sociale forte e giusto.

Perché i ricchi hanno servi e non hanno amici.

Roberto Perticone  

Progetto Nazionale 

La Scintilla numero 48 del 21 gennaio 2022

La Dottoressa Vincenza Palmieri spiega la questione Bibbiano. Un "sistema" diffuso anche in molte altre città 

MINORI: ALLONTANAMENTI FACILI E AFFIDI ILLECITI

La Politica, in questo meccanismo, ha un ruolo determinante perché le Cooperative di gestione sono emanazione delle amministrazioni locali 

Intervento della Prof.ssa Vincenza Palmieri - Winner of the International Award Salus Divinae for outstanding scientific achievement and promotion of science 2020 - al convegno in data 11 gennaio 2020, organizzato dalla Norman Academy presso la Casa dell'Aviatore, Circolo Ufficiali dell'Areonautica" (Roma)

Dottoressa, cos'è Bibbiano?

Credo che Bibbiano sia il tema che sta attraversando la scena politica italiana, a partire da giugno in poi, e l'abbia divisa e caratterizzata. Quindi, parlare di Bibbiano oggi significa parlare di una realtà molto sconcertante, del nostro Paese, che ha a che fare sia con l'ambito giuridico, che con quello politico, che con quello scientifico.

Proprio per questo, essendo investiti tutti questi grandi contenitori della nostra società, che la caratterizzano, Il "fenomeno Bibbiano" non poteva non creare un terremoto a livello nazionale, come in effetti ha fatto.

Non si è trattato di un raffreddore e neanche di una bronchite: Ma si è trattato di un re che è diventato definitivamente nudo.

Perché? Cosa si è scoperto?Si è scoperto come l'industria del potere e dell'organizzazione politica nazionale si addentella con i bisogni e le tragedie dei cittadini, per farne oggetto di sfruttamento personale.

E questo è molto importante: ecco perché poi parliamo di una scienza che si è spostata un po' più in là. Perché è come se - per molti anni - la comunità scientifica italiana, non solo non abbia voluto vedere, ma si sia in molti casi collusa col sistema politico, che ha reso questo strumento i tentacoli di una piovra gigantesca.

Cosa ha simboleggiato Bibbiano?

Il sistema degli allontanamenti facili e degli affidi illeciti, in Italia.

Quindi l'allontanamento dei minori dalle proprie famiglie supponendo gravissime ragioni - solitamente a sfondo sessuale o legate ad una sedicente inidoneità genitoriale - che ha richiesto la soluzione da parte del Legislatore, intervenuto con norme che legittimassero l'allontanamento coatto, forzato, doloroso, mediatico, dei bambini dalle loro famiglie con ogni mezzo e con ogni tipo di violenza, anche. Come abbiamo potuto vedere dai fatti che sono venuti alla luce.

Quindi non con un progetto scientifico di aiuto e supporto a quella famiglia, a quel nucleo, a quei bambini; ma con un intervento autoritativo che molto ricorda le incursioni nelle case in cui si andavano a catturare esponenti delle brigate rosse o della criminalità. Spalancando le porte con una pedata.

Da un certo punto di vista, questo fenomeno c'è sempre stato - sia in Italia che nel mondo - così come la necessità di trovare soluzioni alternative alle famiglie.

Abbiamo avuto il sistema dei servizi generali, degli orfanotrofi...ma questo Sistema si è incardinato in modo particolare nel nostro Paese quando - nel 2000, a firma dell'On. Livia Turco - diventò legittima una norma che rispondeva anche alle esigenze del legislatore ma che ha creato anche i presupposti per tale Sistema.

Perché Bibbiano non è solo un fenomeno politico, mediatico e sociale? E cosa dispone, dunque, la legge 328/2000, in vista di tale bisogno sociale?

Nell'ottica di un allargamento del ruolo di presa in carico da parte delle Amministrazioni Comunali, dispone che presso tali Amministrazioni venissero istituiti i Servizi Sociali, organizzati - nei Comuni al di sotto dei 5000 abitanti - attraverso un sistema di convenzioni.

In Italia, abbiamo circa 8000 Comuni al di sotto di tale soglia che, quindi, hanno organizzata la gestione di tali problematiche attraverso un servizio non pubblico ma in convenzione con cooperative.

Alle Cooperative dei Servizi Sociali sono collegate le Cooperative Domiciliari. Ad esse sono collegate le Cooperative che gestiscono i cosiddetti Centri per la Famiglia, che si occupano di effettuare le valutazioni relative all'idoneità genitoriale. Il cerchio viene chiuso dalla Casa Famiglia che è, a sua volta, una Cooperativa in cui una "coppia" ha deciso di prendere in carico questi ragazzi.

Abbiamo, dunque, la gestione di un settore così delicato - quello della famiglia, quello dei bambini con problematiche - attraverso una privatizzazione che si basa sul Sistema delle Cooperative, senza controlli.

Le Cooperative sono state anche una soluzione - hanno creato posti di lavoro e quant'altro - ma sono realtà fluide, per molti versi precarie. Con tratti - lasciatemi dire - di "ricattabilità".

Nel momento in cui in Italia ci sono 500.000 bambini affidati ai Servizi Sociali, noi possiamo comprendere quanto sia corposo il pacchetto tutto.

Se consideriamo che un bambino costa, in una casa famiglia - dai 70 ai 400 euro al giorno, abbiamo un'idea di cosa rappresentino questi 500.000 bambini nel PIL, con le loro famiglie; e quanto sia appetibile tale pacchetto, tale bacino.

Sappiamo bene come il sistema politico, in questo meccanismo, giochi un ruolo determinante, essendo tali Cooperative emanazione del politico locale, il "signore locale", avremmo detto in altri tempi. Persone che, a destra o a sinistra, godono della possibilità di gestire questo sistema. Tutto ciò, in cambio di pacchetti di voti, fondamentali per il politico alle quali tali cooperative sono collegati.

Questa è una realtà che si vuole negare. Ma a questo tavolo abbiamo Sindaci, abbiamo politici, membri delle Forze dell'Ordine che ben sanno - a partire da Roma Capitale - quanto sia stato appetibile il Sistema delle Cooperative.

Così come Bibbiano "non è Bibbiano".

Bibbiano è una bella cittadina. I cittadini di Bibbiano sono brave persone.

A Bibbiano sono stati talmente bravi da far venire alla luce uno scandalo che è lo scandalo di tutta Italia.

Bibbiano in sé non significa nulla: perché è Verona, perché è Roma, perché è Matera, perché è Bari, è Milano.

Ma perché la Scienza si è spostata un po' più in là?

Si è spostata un po' più in là perché il sistema politico è molto forte, gli interessi sono molto forti.

Su 500.000 bambini, possiamo stimare che vedano il coinvolgimento almeno di 1.000.000 di genitori. Almeno un altro fratello (e siamo a 2.000.000 persone). Aggiungiamo i nonni: siamo a 4.000.000 di cittadini coinvolti a vario titolo nella sottrazione o negli allontanamenti dei minori.

Di fronte ad un business che rappresenta una parte fondamentale della nostra finanziaria, per ciò che possono costare 4 milioni di italiani coinvolti - che usufruiscono di sedute dallo psicologo, usufruiscono del sostegno genitoriale, si sottopongono a test, perizie, valutazioni dell'idoneità - abbiamo idea di quanto muova questo sistema? E quanto sia grande il potere che tale sistema muove?

Ecco perché in Parlamento abbiamo avuto chi diceva "Parlateci di Bibbiano"- ma poi in realtà più che attaccare le forze politiche avversarie non ha smantellato altro - e altri che, avendo avuto un Sindaco inquisito, si sono preoccupati della propria difesa d'ufficio, invece di andare a scoperchiare ancora il sistema. E hanno dichiarato che si trattasse "di un raffreddore", non facendo i conti con il popolo italiano che ha - a suo modo, e lo vedremo - il suo potere.

Perché, dunque, la scienza si è spostata un po' più in là? Perché questo Sistema è fatto di investigazione, di perizie, di testistica, di valutazioni...e tutto questo dovrebbe essere ascritto nell'area di un certo tipo di scienza.

Con dolore, abbiamo visto che - fatti salvi un paio di educatori, un paio di operatori, di bravi assistenti sociali, psicologi, pedagogisti familiari - abbiamo trovato un mondo di collusione.

Abbiamo visto come le perizie - determinando le sentenze - possono essere opinabili. Abbiamo visto casi essere trattati come ormai perduti da un professionista e altri, affini, valutati da professionisti altrettanto attendibili ma con un altro punto di vista: la stessa situazione che in una CTU vede un esito e in un'altra l'esito opposto.

Allora non esiste il dato oggettivo, ma tutto è lasciato all'interpretazione del professionista e della scuola di pensiero che esprime il punto di vista di quel professionista.

Non si tratta qui di analizzare una goccia di sangue e identificare a chi appartenga. Non si tratta di un dato oggettivo.

Qui si tratta di dire se un bambino - disabile, autistico, bravo a scuola, con una vita felice o altro - siccome mamma e papà non riescono a mettersi d'accordo, possa stare meglio in una fatiscente Casa Famiglia individuata, guarda caso, dal CTU che è riconducibile alla stessa strana, stranissima filiera.

Se la mamma non consente l'accesso al papà, in una storia il bambino viene tolto alla mamma o viene dato alla Casa Famiglia. In un'altra CTU, se la mamma non consente l'accesso al papà, il bambino resta comunque con la mamma. Allora, non dobbiamo sperare che la scienza ci attraversi, dobbiamo sperare di trovare un Giudice o un Perito che guardi al bene del bambino. Ma la vera vittima - in questa scienza che non c'è - è il bambino perché il sacrifico massimo non viene mai richiesto alla mamma o al papà. Ma al bambino. Costretto a stare con l'uno o con l'altro, anche se non è la scelta migliore; o al bambino che viene allontanato e viene collocato in una struttura dove perderà tutte le sue radici, i suoi giochi, i suoi compagni, dimenticherà quanto era bravo a giocare a basket, a tennis, i bei voti che prendeva a scuola, il corso di chitarra che seguiva con amore.

Tutto viene raso al suolo.

E se quel bambino piangerà, si arrabbierà, si dispererà, gli verrà somministrato "giustamente" un po' di Ritalin. Perché così verrà contenuta la sua "iperattività". Ovvero il suo disagio, la sua protesta.

Non c'è niente di buono, in tutto questo. C'è un Sistema che deve essere visto per quello che è. Esattamente per come ve l'ho mostrato. Non è una mia interpretazione dei fatti. E chi tra voi fa questo lavoro - dall'una o dall'altra parte - sa che è così.

Quindi c'è, sì, la necessità di riformare la Legge 328/2000, che ha creato e consentito tutto ciò. Ma c'è anche la necessità che i Protocolli Scientifici vengano rivisti. Che le CTU non possano essere il regno della psichiatria. Perchè se il problema è familiare, deve essere risolto da un familiarista, da un pedagogista familiare, da un educatore, da un insegnante, a seconda di quella che è l'anamnesi familiare. Non da un patologo, non da uno psichiatra.

Perché le persone possono, sì, impazzire; ma possono impazzire di dolore. Quindi interpretare il disagio familiare come originato da un disagio psichiatrico, di tipo patologico significa stabilire che ogni famiglia a rischio, significa dire fin da subito: "la nostra società è finita qui". Perché quando distruggi la famiglia, distruggi la società.

E il dato allarmante qual è?

Il fatto che 500.000 bambini siano affidati ai Servizi Sociali.

Sapete quanti bambini nascono in Italia ogni anno?

Nel 2018 - ultimo dato disponibile - 449.000.

Quindi, tra poco, tutti i nostri figli saranno d'ufficio affidati ai Servizi Sociali.

Io credo che la Comunità Scientifica tutta debba fare proprio questo grande problema, perché non può essere lasciato solamente alla valutazione del Governo e delle Commissioni; sappiamo da chi sono state composte le Commissioni di Governo e non possiamo dunque aspettarci niente di diverso dal passato.

L'ultima Commissione nominata dal Ministro Bonafede vede al suo interno il Presidente dell'Ordine degli Psicologi, Neuropsichiatri, il Presidente dell'Ordine degli Assistenti Sociali... E allora chi controlla chi? Chi valuta chi?

È come se agli esami di Stato la commissione esaminatrice fosse composta da studenti e nemmeno dai più brillanti.

È importante che noi tutti comprendiamo questa condizione, di cui non si parla all'interno delle comunità scientifiche; è invece un problema nostro che dobbiamo che assumere come tale.

Ed è così importante come le più importanti scoperte della scienza.

Condividiamo. E facciamo di tutto questo il nostro prossimo tesoro aggiunto.

La Scintilla numero 47 del 18 giugno 2021

L'argomento è stato trattato anche da Gianluca Pietrosante nel nuovo opuscolo intitolato "OBSTINATE CONTRA" 

DANTE E LA CANCELLAZIONE CULTURALE

Le nuove ideologie di matrice statunitense vogliono cancellare e riscrivere il nostro patrimonio culturale secondo nuovi codici  

In un saggio uscito nel 2020 per i tipi di Eclettica Edizioni ("ICONOCLASTIA. La pazzia contagiosa della Cancel Culture che sta distruggendo la nostra storia"), gli autori Enrico Petrucci ed Emanuele Mastrangelo, affrontano il tema della "cultura della cancellazione", un'infezione ideologica d'incubazione statunitense (non disgiunta dal fenomeno Black Lives Matter e probabilmente influenzata dal decostruzionismo francese attraverso i campus statunitensi) che vorrebbe riscrivere il nostro patrimonio culturale secondo i codici del politicamente corretto (argomento, questo, trattato recentemente dal breve opuscolo polemico "OBSTINATE CONTRA. Vademecum contro la dittatura del "politicamente corretto" scritto da Gianluca Pietrosante per Passaggio al Bosco Edizioni).

Opere letterarie, opere d'arte, monumenti, programmi scolastici, toponomastica, simboli della nostra civiltà, etc., finiscono nel mirino di questi dementi fanatici, diseredati dell'identità che tutto vorrebbero "risignificare, "ricontestualizzare" e laddove possibile radere al suolo.

È un virus pernicioso e aggressivo sbarcato anche in Europa, che si salda perfettamente al nuovo razzismo risentito delle varie "minoranze" etniche, e che riesce a far breccia a causa del senso di rassegnazione, all'etnomasochismo, all'oicofobia e al fatalismo diffusi tra gli europei e gli occidentali in genere.

Una novità? Fino ad un certo punto.

Questo "nuovo" fenomeno crediamo possa inquadrarsi in quella più ampia tendenza di lavaggio delle menti e del carattere cui vengono sottoposti gli europei dalla fine del secondo conflitto mondiale, di cui rappresenta più probabilmente una accelerazione.

Detto brutalmente: la strada verso un'interminabile ed eterno Processo di Norimberga per affermare l'onnipervasività del pensiero unico!

Oggi, restando a Dante - che è il focus di questo numero de LA SCINTILLA - possiamo registrare un patetico attacco al Sommo Poeta che, secondo Arno Widmann, sarebbe «arrivista e plagiatore» (oltre che egocentrico) in un acrimonioso articolo sulle colonne del giornale tedesco Frankfurter Rundschau, punto di riferimento degli intellettuali tedeschi politicamente impegnati https://www.repubblica.it/cultura/2021/03/25/news/germani_attacca_dante-293767655/?fbclid=IwAR1wnxn0QxNF02C3tKjA3GgZh1Fo_dTNgSI0onIFHSZmxwxBTBkEb5T1C-E.

Per il Widmann Dante sarebbe da considerarsi né più né meno che un comune poeta medioevale, «anni luce dietro a Shakespeare» (altro gigante della letteratura europea vittima delle derive psichiatriche della cancel culture e della "società aperta" a causa delle «dinamiche problematiche a livello di genere e razziale» delle sue commedie e tragedie).

Secondo il giornalista tedesco - che ripesca una tesi datata 1921 dello studioso spagnolo Asín Palacios - la stessa Divina Commedia, in fondo non sarebbe originale, basandosi su un poema mistico arabo in cui si narra l'esperienza dell'ascesa al Cielo; che questa teoria sia stata nel tempo smentita da tutti i dantisti poco interessa al "disinteressatissimo" Widmann: i dantisti hanno smontato la tesi di Asín Palacios solo in virtù del loro orgoglio ferito vedendo «minacciata l'originalità del loro eroe Dante». La vicenda crediamo si commenti da sé...

E poi ancora, l'ennesimo pesante e grottesco tributo, da parte dei neo censori della lobotomizzazione socio-culturale all'epurazione di massa della cultura a favore di un politicamente corretto che vorrebbe combattere i pregiudizi secondo un'ottica visuale traboccante di altrettanti pregiudizi.

Questa volta dall'Olanda. L'editore Blossom Books ha recentemente deciso di rimuovere il personaggio di Maometto dal Canto XXVIII della Divina Commedia, come riferisce il quotidiano De Standaard, poiché nella versione originale, il profeta dell'Islam è descritto nell'ottavo cerchio dell'Inferno come un "seminatore di scandalo e scisma", condannato a vagare con il petto squarciato in due. In realtà il passaggio non è stato completamente rimosso dalla traduzione olandese, ma il nome di Maometto è stato opportunamente cancellato. L'editore giustifica questa scelta con il desiderio di non offendere, soprattutto i giovani (come affermato dal direttore Myrthe Spiteri).

Paradossalmente però, la sbianchettatura di Maometto di cui sopra, che vorrebbe anticipare possibili proteste dopo 700 anni (!!!), non ha lasciato indifferente la comunità musulmana in Olanda: lo scrittore Abdelkader Benali ha tuonato sempre sulle pagine di De Standaard: «L'editore deve correggerlo il più rapidamente possibile»...ma per evitare l'effetto inverso, ovvero che la comunità musulmana venga accusata di aver suggerito la cancellazione, cosa che in effetti non è mai avvenuta per secoli. E anche qui l'episodio si commenterebbe da sé, in un mondo "normale"...

Se volgiamo poi la nostra memoria a una decina scarsa d'anni fa, già nel 2012, scopriamo che l'illustre pilastro della nostra cultura nazionale e non solo, era finito nel mirino di interessati detrattori (episodio da noi già trattato https://www.progettonazionaleverona.it/ce-chi-vorrebbe-toglierci-anche-dante-alighieri/ ). L'Associazione "Gherush 92" lanciò l'urgentissimo allarme per un «Dante antisemita e omofobo», sentenziando poi che «La Divina Commedia va tolta dai programmi scolastici». Tale associazione viene definita come «organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale per il Consiglio Economico e Sociale dell'ONU e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, diritti umani, risoluzione dei conflitti».

Secondo l'allora presidente di "Gherush 92" Valentina Sereni «È nostro dovere segnalare alle autoritá competenti, anche giudiziarie, che la Commedia presenta contenuti offensivi e razzisti che vanno approfonditi e conosciuti. Chiediamo, quindi, di espungere la Divina Commedia dai programmi scolastici ministeriali (...). In alternativa, alcune parti del poema andrebbero espunte dal testo».

Peccato che non serva una mente eccelsa o un illustre dantista per comprendere che Giuda era confinato nella Giudecca, da Dante, in quanto traditore di Gesù, non perché ebreo e Maometto (XXVIII canto dell'Inferno), fra i seminatori di discordie perché eretico, non perché di altra religione.

La consultazione di alcuni testi sacri delle religioni monoteiste rileverebbe senza troppa difficoltà la presenza di espressioni lessicali offensive, violente, "sessiste", "razziste", discriminatorie in misura non minore di quanto contestato da "Gherush 92" alla Commedia dantesca, senza che peraltro qualcuno si sogni di chiederne la messa al bando.

L'amara realtà è un'altra.

Oggi dobbiamo fronteggiare sistematiche decontestualizzazioni e assoluta incapacità di rompere schemi prestabiliti, di comprendere il genio, la profondità e l'anelito alle altezze celesti da parte di chi brama un mondo ridotto a landa desolata popolata di belanti, grigi ed esangui burocrati, tanto bigotti e perbenisti, quanto pronti a latrare astiosamente a comando delle oligarchie, sprofondati nel loro plumbeo sonno privo di idee e sogni.

Il leitmotiv degli attacchi è sempre incentrato sulla consumata retorica dell'antirazzismo e dell'antisemitismo stabiliti in modo unilaterale e incontrovertibile dalle vestali del pensiero unico; razzismo e antisemitismo (così come l'antifascismo) sono pretestuosi paraventi per una discriminazione subdola e feroce, e per una imposizione ideologica senza precedenti.

Riscrivono il pensiero dei grandi del passato, costruiscono una realtà inventata, falsa ma in perfetta linea con gli speech codes del nuovo linguaggio antirazzista, femminista e gender fluid, su misura per la narrazione mondialista e per un universo concentrazionario spacciato per eldorado di libertà, di emancipazione e di progresso.

UOMINI SIATE E NON PECORE MATTE!

..scarica questo numero cliccando il link qui sotto     

La Scintilla numero 46 del 04 giugno 2021

In Italia non esiste alcun "vuoto normativo" e alcuna "emergenza" a giustificarlo

DDL ZAN: CUI PRODEST?

Un testo colmo di insidie, che profila orizzonti grotteschi e paradossali. Chi lo critica viene etichettato come omofobo  

L'epoca in cui si è raggiunto l'apice della tecnica di controllo e di limitazione della libertà d'espressione non poteva che partorire iniziative paradossali e grottesche come il Ddl Zan, riproduzione di schemi fallaci e altamente problematici, che hanno ispirato precedenti iniziative e normative dello stesso filone.

Il Ddl Zan è un disegno di legge che prende il nome dal primo firmatario, Alessandro Zan (deputato del Partito Democratico e attivista LGBT); in esso sono confluite e poi riunite diverse proposte di legge a firma, oltre che di Zan, anche di Scalfarotto, Boldrini, Perantoni, Bartolozzi.

Il testo, il cui titolo recita "Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità", è già stato approvato alla Camera (contrari FdI e Lega, astenuta FI) e attende prossimamente il voto al Senato.

Il Ddl Zan punta a modificare gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale - legge Mancino-Reale -, inserendo fattispecie di reato in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere. L'On. Zan così lo spiega nel testo: «si propone (...) di realizzare un quadro di maggiore tutela delle persone omosessuali e transessuali, cercando di colmare il vuoto normativo determinato dalla mancata approvazione, nella passata legislatura, del progetto di legge di contrasto all'omotransfobia (...)»; proprio sul decreto di contrasto all'omotransfobia avevamo scritto nel numero 45 de LA SCINTILLA, uscito il 5 dicembre 2020.

Tralasciamo qui per motivi di spazio l'istituzione della Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia da tenersi il 17 maggio di ogni anno, l'incremento nell'ordine di milioni di euro del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, e altri interessanti "dettagli", per andare invece al sodo della questione, oltre le false narrazioni, oltre la farse di un kitsch mediatico di giulive starlette che si pitturano il palmo delle mani, oltre le strombazzate presunte "emergenze".

La realtà, nei numeri e nei fatti, ci dice che in Italia non vi è alcuna "emergenza" tra quelle a cui i promotori del Disegno di legge in oggetto vorrebbero porre soluzione.

I dati raccolti, non da LA SCINTILLA, ma dall'Oscad, Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, "strumento operativo interforze (...) per ottimizzare l'azione delle forze di polizia a competenza generale nella prevenzione e nel contrasto dei reati di matrice discriminatoria", istituito da una decina d'anni dal Ministero dell'Interno nell'ambito del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, ci forniscono numeri risibili a fronte di una sbandierata "emergenza".

Dal 2010 al 2018 sono state raccolte 1512 segnalazioni di cosiddetto hate crime o hate speech; 897 (59,3%) di matrice razziale o etnica, 286 (18,9%) di matrice religiosa, 118 (7,8%) contro disabili, 197 (13%) contro l'orientamento sessuale, 15 (1%) contro l'identità di genere.

In otto anni l'insieme di presunti - trattandosi di segnalazioni e non di condanne definitive - comportamenti illeciti discriminatori per ragioni di orientamento sessuale o di identità di genere sono 212: 26,5 SEGNALAZIONI ALL'ANNO!!!

NON ESISTE ALCUN "VUOTO NORMATIVO"

Il vigente codice penale, infatti, già sanziona, con pene proporzionate alla gravità del danno arrecato, i delitti contro la vita (art. 575 e ss. cod. pen.), contro l'incolumità personale (art. 581 ss. cod. pen.), i delitti contro l'onore, come la diffamazione (art. 595 cod. pen.), i delitti contro la personalità individuale (art. 600 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà personale, come il sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) o la violenza sessuale (art. 609 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà morale, come la violenza privata (art. 610 cod. pen.), la minaccia (art. 612 cod. pen.) e gli atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.); per i casi di ingiuria (art. 594 cod. pen.), di rilevanza penale fino al 2016, vi è la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni in sede civile.

Esistono invece dei rischi gravissimi nel caso in cui il Ddl Zan venisse definitivamente approvato.

Le leggi repressive servono (in teoria) ad affrontare le emergenze, non a cambiare una cultura, ma di fronte a manifestazioni di violenza occasionali, senza una matrice culturale diffusa che le legittimi, crolla tutta la narrazione dell'omofobia.

E qui casca l'asino. L'opinionista televisiva Michela Murgia, parecchio attiva nell'ambito della parità di genere e più in generale nella lotta alle discriminazioni, ospite nel mese di aprile della trasmissione televisiva "Di Martedì", se ne è uscita così: "La parte interessante del disegno di legge Zan" riguarda i "progetti di formazione nelle scuole, che diventino curriculari [...].

Il punto è cominciare a modificare la cultura. Nelle scuole".

Tradotto per chi non sa come pensa ed agisce la sinistra: promozione della teoria gender ai bambini più piccoli.

"Casualmente" accanto ai termini "sesso" e "orientamento sessuale" nel testo si trova l'espressione "identità di genere", che indica il senso di appartenenza di una persona a un genere col quale essa si identifica a seconda di come si percepisce in un dato momento (fluidità del genere). Da quelle parti alberga la convinzione che la differenza fra uomo e donna sia soltanto una "costruzione sociale".

A buon intenditor poche parole...

..scarica questo numero cliccando il link qui sotto    

La Scintilla numero 45 del  05 dicembre 2020

Il discorso di attribuire al fascismo azioni persecutorie nei confronti degli omosessuali è un clamoroso falso storico 

TRANSOMOFOBIA: UN DECRETO PERICOLOSO!

Il fine è di abbattere l'eredità storica e culturale dell'occidente, retaggio di un mondo tradizionale, quello classico greco-romano

Durante questo periodo di confinamento, siamo quasi obbligati ad intrattenerci davanti alla televisione e seguire i programmi. Il costante susseguirsi di tette, culi e gambe scosciate messe in bella mostra fanno riaffiorare dai meandri della memoria "letture" che spiegavano con largo anticipo come si sarebbe presentato l'odierno scenario. Strategie pianificate dentro i "Templi del Potere", gruppi extra governativi che decidono le politiche economiche, sociali e morali di buona parte del mondo, con un unico fine, abbattere l'eredità storica e culturale occidentale, retaggio di un mondo tradizionale, quello classico greco-romano plasmato poi dal cristianesimo! Già all'inizio dell'800 Thomas Robert Malthus scrisse che il modo migliore per controllare socialmente e demograficamente l'umanità è la diffusione del vizio e dell'immoralità. I nuovi Malthusiani stanno ora applicando tale dottrina su scala planetaria sotto l'insegna della rivoluzione sessuale. La rivoluzione sessuale, che animalizza l'uomo, è la tecnica più insidiosa del perfido socialismo sinarchico che seduce con mezzi carezzevoli e blandi. Le masse spinte al dissolvimento morale avanzano cieche e impotenti verso la loro perdizione. La famiglia viene travolta senza che se ne accorga, se non corre ai ripari. Per giustificare, normalizzare comportamenti sessuali innaturali, sempre più spesso sentirete accostare periodi sociali e personaggi storici nobili ed importanti, a derive e degenerazioni sessuali, il mondo classico greco, piuttosto che romano, Alessandro Magno, Cesare, Leonardo da Vinci. Alla fine acconsentì, a patto che nient'altro entrasse dopo di lei. Disse a Zeus che se qualcosa fosse entrato da quella via, lei sarebbe volata via.

Ecco perché venivano apostrofati in quella maniera gli omosessuali: persone senza vergogna.

Solone aveva così legiferato: «Se un cittadino ateniese avrà rapporti omosessuali NON POTRÀ ESSERE UNO DEI NOVE ARCONTI (esecutivo); NON POTRÀ FARE IL SACERDOTE; NON POTRÀ FARE L'AVVOCATO; NON POTRÀ AVERE NESSUNA CARICA PUBBLICA ALL'INTERNO O ALL'ESTERNO DELLA CITTÀ; NON POTRÀ ESSERE MANDATO COME AMBASCIATORE; NON POTRÀ ESPRIMERE LA SUA OPINIONE NÈ POTRÀ ENTRARE NEGLI EDIFICI PUBBLICI E NEI TEMPLI; NON POTRÀ ESSERE PREMIATO CON NESSUN PREMIO PUBBLICO; NON POTRÀ PASSEGGIARE NELL'AGORà. SE QUALCUNO FARà UNA COSA DEL GENERE, MENTRE È NOTO CHE È OMOSESSUALE, VERRÀ CONDANATO A MORTE».

Queste leggi, credo siano indicative, affinché ci si possa rendere conto di come venissero considerati in realtà gli omosessuali nell'antica Grecia. Quando chiesero a Solone il motivo di tutta questa severità, egli rispose che i kinedi, cioè quelli senza vergogna, sono viscidi e traditori.

Platone nella sua opera Gorgia dà uno spunto sulla questione. Nella terza parte, il dialogo fra Socrate e Callicle, il giovane e ribelle aristocratico sostiene che la felicità coincide con l'avere desideri infiniti di ogni sorta e riuscire a soddisfarli. Sempre Platone ha condannato l'omosessualità, ne "Le Leggi", la sua ultima opera. Probabilmente, Platone condivide la legislazione precedente a Laio, la quale considerava «indecente l'amplesso tra maschi e l'unione con adolescenti».

Aristotele, ne "L'Etica Nicomachea" (1148b 24-30) dice che «fare all'amore tra maschi» è uno dei «comportamenti bestiali». Non erro se affermo che quanto riportato e scritto bastano per mostrare come due fra i più grandi Greci - anzi fra i più grandi pensatori di tutti tempi - siano stati contrari all'omosessualità.

Ancora oggi un gesto ingiurioso che è sopravvissuto fino ai nostri giorni: si tratta del dito medio alzato. Per i greci era il massimo insulto perché il significato era chiaro a tutti.

Se poi ci spostiamo tra i Romani, le condanne, anzitutto del matrimonio omosessuale, ma anche dell'omosessualità, abbondano. In effetti, il matrimonio romano è sempre stato monogamico e solo tra un uomo e una donna. Perciò le nozze omosessuali di Nerone vennero biasimate duramente da autori come Tacito, Svetonio e Cassio Dione.

Ciò premesso, e sgombrato il campo da ogni ragionevole dubbio, purtroppo non passa giorno che omosessuali, disordinati e similari piangano a destra e manca per presunte discriminazioni, accusando di omofobia chiunque non condivida il loro modo di essere e di agire. Naturalmente il termine omofobo, ovvero paura degli omosessuali, viene utilizzato in modo improprio, perché ci si deve rifiutare di credere, che vi sia uomo che possa avere paura degli omosessuali. Tutt'altra valenza assumono le richieste ed atteggiamenti di gruppi organizzati gay, di destra o di sinistra, accomunati da un denominatore comune: l'intolleranza verso tutte le persone che ritengono l'omosessualità un orientamento sessuale disordinato, contro natura o che si oppongono all'agghiacciante pretesa di adozione di bambini.

Le organizzazioni gay per zittire chi non è d'accordo con le loro teorie e disordini sessuali, o come definiti da un eccellente omosessuale, padre della psicanalisi Sigmund Freud, mancata maturazione della sessualità, ricordano che nel 1973 alcuni scienziati dell'APA (associa-zione psichiatri americana), hanno derubricato dal manuale diagnostico dei disturbi mentali l'omosessualità; sulla scia di questa decisione, l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l'ha cancellata dal suo manuale diagnostico, l'ICD (International Classification of Disease),nel 1991. Intellettualmente disonesti, omettono che questa vicenda non è stata frutto di un dibattito scientifico, ma di una operazione ideologica. Nel 1973 l'omosessualità fu derubricata dai manuali statistici per mezzo di una votazione per "corrispondenza" (5816 voti a favore 3817 contro). È interessante la posizione di Robert Spitzer, che nel 1973 era presidente dell'APA. Egli, in seguito ad una ricerca compiuta nel 2001 e confermata nel 2003, sull'efficacia della terapia riparativa, afferma di aver cambiato idea in merito alla possibilità di cambiamento dell'orientamento sessuale. In una dichiarazione rilasciata al "Wall Street Journal" il 23 maggio 2001, egli afferma: «nel 1973, opponendomi all'opinione prevalente dei miei colleghi, appoggiai la rimozione dell'omosessualità dalla lista ufficiale dei disordini mentali. Per questo motivo ottenni il rispetto dei liberales e della comunità gay, anche se ciò fece infuriare molti miei colleghi...Ora, nel 2001, ho mutato opinione e questo ha fatto sì che venissi presentato come un nemico della comunità gay».

Altro cavallo di battaglia a sostegno dei gay è il presunto "studio Kinsey", finanziato dalla Fondazione Rockfeller, la stessa Fondazione che propaganda la diffusione della pornografia, dell'amore promiscuo e dell'aborto a livello planetario.

Spesso i gay citano anche le teorie della psicologa Evelyn Hooker o il biologo Simon Le Vay, in entrambi i casi i due scienziati interpellati non suffragano la naturalezza dell'omosessualità. Per inverso è scientificamente dimostrato, e migliaia di persone ne sono testimoni in quanto hanno beneficiato delle cure riparative, che dall'omosessualità si può tornare all'eterosessualità. Dunque, sono convinto assertore che nessuno può essere obbligato a sottoporsi a terapie riparative, ma sarei altresì lieto, che gli intolleranti sodomiti la smettessero di insultare e diffamare chi invece liberamente vuole usufruire delle terapie riparative. l'Arci gay, questa non onorata associazione, è affiliata all'ILGA: International Lesbian & Gay Association, la più importante lobby sodomita mondiale. Tale organizzazione è andata sempre a braccetto con la NAMBLA: North American Man/Boy Love Association, la quale tra i suoi scopi ha la diffusione della pedofilia.

Oggi, prepotentemente, come per l'omosessualità, la finestra di Overton viene utilizzata per sdoganare, pedofilia, zoofilia classificandole come varianti sessuali.

In conclusione, voglio evidenziare il paradosso, il corto circuito, che s'innesca tra i più fanatici omosessuali quando si argomenta su l'applicazione della medicina finalizzata ad accompagnare l'acerbità sessuale fino al completamento della sua maturazione, vedi terapia riparativa, percorso da non tenere in considerazione, da denigrare, banalizzare, ridicolizzare, demonizzare, nonostante gli ottimi risultati ottenuti; lo stesso sgomento, la stessa chiusura, disapprovazione viene meno quando la medicina viene utilizzata dagli omosessuali per trattamenti sanitari di tipo psicologico, al fine di "accettare" la propria omosessualità, interventi di chirurgia, vedi mutilazione del pene, ricostruzione della vagina, ingrossamento delle labbra, sviluppo del seno, chimica per utilizzo di ormoni.

Detto che lo spirito non ha sesso, perché non è materia, quale grado di imbecillità porta un uomo ad affermare d'essere nato in un corpo sbagliato? In un corpo umano, quante entità sono ospitate, quale entità può indurre un uomo ad andare contro la sua natura biologica? Come può pensare un uomo, biologicamente maschio, di considerarsi femmina e convincersi d'essere tale, in "virtù " della somma di mutilazione, plastica e anabolizzanti? Se medicina e scienza vanno in soccorso alle esigenze disordinate di omosessuali, non è logico usare le terapie affinché possano mettere in ordine e armonia ciò che già la natura ha disposto?

Agli inizi del XX secolo la cultura del tempo condannava senza mezzi termini ed in ogni regione del mondo la condotta omosessuale che solo nella seconda metà del secolo iniziò il suo coming out. 

Ad Alessandro Magno, va riconosciuta la profonda amicizia che lo legava ad Efestione e Clito , il primo compagno di giochi e di addestramenti sin da piccolo. Sostenere che Alessandro Magno sia stato omosessuale (chissà cosa ne penserebbero le mogli Roxane, Statira, Parisatide e concubine), sarebbe come sostenere che Alessandro Magno sia stato solo un personaggio storico leggendario mai esistito.

Alcuni sostenitori della pretesa omosessualità di Cesare, portano come prova l'opera del filosofo Catullo-sua unica opera - il Liber Catullianus (di Catullo si mette in dubbio la sua reale esistenza). Il Canto LVII (57) di tale opera confermerebbe l'omosessualità del condottiero romano. Il Canto in questione appartiene a un raggruppamento di Canti chiamati "NUGAE", tradotto in lingua volgare «SCIOCCHEZZE», nei quali si narrano, in tono più o meno scherzoso, vari temi come l'amore, la politica o le amicizie, in versi polimetri.

Fra le leggende metropolitane più diffuse, una famosissima è quella che vorrebbe Leonardo da Vinci omosessuale, ma i fatti in realtà sono ben diversi, così come dimostrerebbero le ricerche sul suo legame affettivo con Isabella D'Aragona eseguite dalla nota studiosa tedesca Maike Vogt-Lüerssen.

Tra gli assertori della normalità della pratica omosessuale nella Grecia antica, vi è K.J. Dover il quale, nel suo libro "Greek Homosexuality", del 1978 (trad. it. "L'omosessualità nella Grecia antica", Torino, Einaudi, 1985).

La cosa davvero strana è che un professore come Dover non abbia avuto a disposizione un vocabolario visto che ormai anche il famosissimo Liddell & Scott è a disposizione di tutti, anche gratis su internet. I greci, lo riconoscono tutti, hanno creato uno strumento di precisione incredibile: la loro lingua.

Per noi, oggi, i termini "omosessuale" ed "eterosessuale" descrivono una condizione senza esprimere un parere positivo oppure negativo. Per i greci non era così. Esisteva, infatti, un termine molto duro che descriveva gli omosessuali, era la parola chinedos (formata da ΚΙΝ/muovo + ΑΙΔΩΣ/(dea della vergogna, "colui che smuove la vergogna").

Quindi, gli omosessuali venivano apostrofati con questo termine terribile e dispregiativo. Esistevano anche altri termini molto dispregiativi per descrivere gli omosessuali, sia attivi che passivi. I greci conoscevano molto bene il fenomeno.

Esiste anche il mito di Esopo che ci fa capire bene come la pensassero i greci a proposito.

Si racconta che Zeus quando plasmava gli uomini posizionava su ogni parte del corpo una virtù. Impegnato nel suo lavoro lasciò per ultima la virtù più importante, la vergogna.

Non sapeva come rimediare. Unico posto senza virtù era rimasto l'ano, allora cercò di mettere la vergogna là. Però la vergogna, considerando il posto non alla sua altezza, non voleva saperne di entrare. 


..scarica questo numero cliccando il link qui sotto   


La Scintilla numero 44 del 04 settembre 2020

Il Parlamento non va cambiato quantitativamente ma qualitativamente...e con rappresentanti di categorie sociali

UN REFERENDUM INUTILE?

Gli 80 milioni lordi del risparmio, saranno immediatamente annullati dal nuovo piano assunzioni di Camera e Senato

2.500,86 miliardi di euro di debito pubblico, in continua e perenne ascesa contro 300 mila euro al giorno di risparmio che si avrebbero dall'eliminazione di 345 onorevoli. Parliamo di niente, di 80 milioni lordi all'anno. A tanto ammonterebbe il risparmio di cui si vantano i 5 stelle. Cosa sono 80 milioni nel bilancio dello Stato? Dal raffronto fra questi due dati, traiamo già un giudizio sull'utilità di questo referendum costituzionale, il quarto della storia repubblicana e, per molti, una ulteriore arma di distrazione di massa. Referendum che sono stati bocciati pesantemente, tranne il primo e ricorderete il referendum del 2016 sulla riforma proposta da Renzi.

Questi 80 milioni lordi del risparmio, sbandierato senza pudore, sono stati immediatamente annullati dal nuovo piano di assunzioni alla Camera dei Deputati e al Senato, che, per il biennio 2019-2020, prevede 4 concorsi pubblici per la copertura di 300 fra consiglieri parlamentari, assistenti, segretari e documentaristi, che si affiancheranno al personale già impiegato. Non bastavano, evidentemente, i 1.063 dipendenti della Camera dei Deputati e i 610 del Senato.

Non è ridicolo che si diminuiscano gli onorevoli e, contemporaneamente, si aumentino i loro assistenti?

Per comprendere cosa sia, per esempio, un consigliere parlamentare, guardiamo alle attribuzioni e alle retribuzioni. Il consigliere parlamentare svolge compiti di direzione amministrativa, revisione delle procedure contabili, assistenza giuridico-legale e, inoltre, organizza e dirige le attività connesse alle relazioni con gli enti nazionali e internazionali; la sua retribuzione lorda annua dovrebbe variare fra i 65.000 e i 360.000 €. Stando ai dati dell'anno passato, quella di un semplice barbiere della Camera può giungere a 99.000 l'anno , 8.250 al mese. In particolare, le retribuzioni del 44% dei funzionari di Camera e Senato possono sforare il tetto di 240.000 euro lordi e arrivare alla cifra record di 480.000 euro, sempre lordi.

Senza conoscere le carenze e le revisioni delle piante organiche, possiamo affermare che l'assunzione di altri 300 dipendenti, contemporanea al taglio dei parlamentari, elida gran parte del risparmio, già modestissimo, con cui i 5 stelle giustificano la diminuzione della rappresentanza. Vedere per credere. Pensate che un eletto deputato sarà chiamato a rappresentare 151.000 elettori e non più 96.000. E non si venga a dire che nel bicameralismo perfetto deputati e senatori fanno le stesse cose, perché tireremmo in ballo la funzione di garanzia del Senato.

Ecco che viene in discorso l'argomento principe e, perciò, disatteso. Come lavorano le camere? Restiamo al Senato.

In caso di conferma della legge da parte del corpo elettorale, a partire dalla XIX legislatura, il numero dei senatori eletti passerebbe da 315 a 196, più 4 eletti all'estero.

Come verrebbero adeguati i regolamenti parlamentari non risulta previsto, ma a quante commissioni parlamentari dovrebbe saper partecipare un eletto? Ho detto "saper partecipare" perché ricordo una deputata grillina, assegnata, già da 6 mesi, alla "Commissione sulle Politiche dell'Unione europea" che non sapeva dell'esistenza del Trattato di Lisbona, il trattato principale o la de-costituzione, come viene chiamato. Infatti, gli eletti, sia alla Camera che al Senato, vengono assegnati alle commissioni parlamentari: organi collegiali previsti dall'articolo 72 della Costituzione:

"Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commis-sione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale."

Attualmente, in questa XVIII Legislatura, in Senato, operano 14 commissioni permanenti, 3 speciali, 4 commissioni di inchiesta monocamerali, oltre alle commissioni bicamerali e alle Giunte. È chiaro ed evidente che, per esempio, 196 senatori dovrebbero discutere temi di rilevante importanza e far parte di più di 30 organi collegiali. Con tutti presenti, avremmo una media di meno di 6 senatori per commissione.

Qual è il risultato di tutto questo bailame? Gli italiani consapevoli non credono più a niente e a nessuno; il gregge segue i pifferai. Era, dunque, questo l'obbiettivo?

Oggi, dopo le violazioni delle libertà costituzionali decretate con atti amministrativi, i morti causati da procedure e ordinanze sbagliate, dalla disapplicazione del "Piano di preparazione e risposta alla pandemia", inutilmente posseduto dal Ministero della Salute, infine, ma non ultimo! il disastro economico cui ci ha portato questa anomalia pandemica ... ebbene: l'ultimo pensiero degli italiani è quante poltrone onorevoli dovrebbero essere eliminate per ridare fiato all'economia e alla democrazia. Dopo anni di populismo e di scandali, la risposta potrebbe essere: "Tutte"; ma non si può.

Dal punto di vista istituzionale, rilevata: l'assenza di una legge elettorale adeguata, fondamentale e prodromica, applicabile ove vinca il sì al referendum, incentrata sul maggioritario e volta a assicurare l'immediata governabilità, come propone FdI, o che sia incentrata sul proporzionale, con collegi plurinominali a liste bloccate e con soglia al 5%, come vuole il Governo;

la mancata proposta delle irrinunciabili modifiche ai regolamenti parlamentari;

l'incardinamento di una riforma costituzionale nella competizione fra una maggioranza senza futuro e un'opposizione senza diritto di voto e, infine, in una situazione di stallo della democrazia per essere venuti meno la divisione dei poteri e l'autonomia della Magistratura, tutto si poteva portare al voto meno che un referendum per una legge costituzionale destinata a sopravvivere alla maggioranza, al Governo e al Presidente della Repubblica e del C.S.M. in carica.

A proposito dell'opposizione senza diritto di voto, non si dimentichi che dalle elezioni non scaturiscono né vincitori né vinti e che maggioranza e minoranza devono avere pari dignità. È questa l'essenza del pluralismo su cui la riforma inciderebbe negativamente, incidendo sulla parità rappresentativa delle regioni minori.

Osservo che l'assenza di una legge elettorale proporzionale o maggioritaria, ma adeguata al nuovo assetto della rappresentanza, produrrà l'effetto di portare a termine la Legislatura e anche questo è funzionale al mantenimento del potere.

Tornando alle boutade populiste del risparmio, che accarezzano la parte becera dell'elettorato, aggiungo, che, dopo le raffiche di nomine di esperti e di consulenti strapagati per il governo PD-5 stelle (ne abbiamo perso il conto, ma si parlava di un migliaio, assunti a decine di migliaia di euro al mese; mille al giorno per l'esperto arruolato dal ministro per l'Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano), questo referendum è una burla, in linea con le politiche dei governi Conte, voluti dal Presidente Mattarella.

Delineate, così per sommi capi, le incongruenze di questo referendum, ricordo che la proposta di legge costituzionale "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari" fu depositata in corte di Cassazione da 71 senatori sui 64 che erano richiesti, 7 più del necessario e che viene sottoposta a referendum costituzionale non avendo ricevuto in ogni lettura la maggioranza dei due terzi. Quali che siano le strategie delle leadership dei partiti, ricordino gli elettori votanti che la legge sottoposta a referendum, per essere promulgata, deve essere approvata dalla maggioranza dei voti validi. Concludo, dicendo che il popolo italiano deve dare ai propri leader una partecipazione consapevole e non farsi plagiare dalle contestazioni a buon mercato contro il potere, per poi, tollerare che il potere esecutivo colonizzi il Parlamento e la Magistratura e diventare parte di quel potere. Ciò che è avvenuto e sta avvenendo con questa eversione rossa. Con lo sguardo mirato ai danni prodotti sotto questa presidenza, durante la XVIIIa Legislatura, possiamo rispondere al nostro titolo: "Sì, il referendum non è soltanto inutile, ma è funzionale al mantenimento del potere ed è dannoso perché riduce le possibilità di partecipazione consapevole alla politica, ciò che è l'esatto contrario di cui abbiamo bisogno. Mario Donnini

Ma perché Sì o No se c'è di meglio ?

Non si può votare No senza provare un'immensa vergogna. Si potrebbe votare soltanto Sì tappandosi il naso, ma in fondo ha poco senso.

Perché sporcarsi le mani?

Noto che, come al solito, altri dettano l'agenda e che invece di mandarli a quel paese, più o meno tutti si precipitano a giocare il gioco che viene loro imposto, a cui si consegnano mani e piedi legati.

Il Parlamento non va cambiato quantitativamente (che è un dettaglio) ma qualitativamente. Non con "uomini migliori" (che tutti credono di esserlo), ma con rappresentanti di categorie sociali, al posto delle attuali espressioni dei partiti-social. È questione di modelli sociali, culturali, esistenziali e politici che non hanno nulla in comune con la logica paludosa della partitocrazia e con la sudditanza a logge, lobbies, circoli o clubs.

Finché non si articola qualcosa in questo senso, fosse anche uno straccio di proposta, votare al mercato, scegliendo tra un Sì e un No, per qualcosa che resterà profondamente malata e decrepita in tutti i casi, a mio parere non è solo inutile, è deprimente. Gabriele Adinolfi

Ai nostri lettori l'ardua sentenza!

..scarica questo numero cliccando il link qui sotto  

La Scintilla numero 43 del 3 luglio 2020

Alcuni economisti hanno lanciato una petizione popolare alla quale Progetto Nazionale ha deciso di aderire

NAZIONALIZZAZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

L'emissione da parte del Ministero del Tesoro di Buoni del Tesoro Poliennali risolverebbe anche il problema SPREAD

La crescente quota di titoli di Stato (TDS) collocata su soggetti esteri ed istituzionali (circa 34% esteri, oltre al 17% in mano alla BCE) ha reso l'Italia vulnerabile al famigerato spread e oggetto di potenziale ricatto da parte delle agenzie di rating, complice anche la disinformazione dei media mainstream, che diffondono timori sull'insostenibilità del debito pubblico italiano. 

Nazioni come il Giappone hanno un rapporto debito pubblico/PIL superiore al 230%, ma continuano a godere di un rating A+ da S&P, in quanto oltre il 90% dei relativi titoli di Stato sono nelle mani degli investitori giapponesi e della banca centrale. Nei Trattati Europei non viene dato alcun peso al risparmio delle famiglie; proprio il risparmio fa dell'Italia una delle nazioni più virtuose al mondo, con oltre 4.400 miliardi di euro di attività finanziarie liquide, di cui 1.500 miliardi di euro sotto forma di depositi in conto corrente (ma solo il 6% di questi investito in obbligazioni). 

La recente offerta di collocamento di BTP Italia di Maggio 2020 è stata inspiegabilmente riservata per 8,3 mld di euro a soggetti esteri ed istituzionali, sebbene le caratteristiche di questi titoli in termini di scadenza (5 anni), tasso (1,4%), premio fedeltà per detenzione fino a scadenza (0,8%) e indicizzazione all'inflazione (solo se sale), ne facevano il titolo ideale per famiglie e imprese italiane! In tal senso va ricordato che è compito fondamentale dalla Repubblica tutelare ed incoraggiare il risparmio in tutte le sue forme, così come è sancito dall'art. 47 della Costituzione.

Questa, come tutte le altre offerte di collocamento di BTP Italia, non è stata pubblicizzata in maniera adeguata né dalle banche né dal Ministero dell'Economia e delle Finanze attraverso i canali TV o alcun altro media a disposizione; nonostante ciò la domanda di Titoli Di Stato da parte delle famiglie e delle imprese è sempre stata pari o superiore all'offerta.

Un ricollocamento dei TDS sulle famiglie sarebbe non solo opportuno - dato che consentirebbe l'emancipazione della finanza pubblica dai diktat dei mercati e delle agenzie di rating - ma anche necessario al fine di dare al copioso risparmio privato un canale di sbocco naturale ed a basso rischio, che consentirebbe di rimettere in circolo una massa monetaria per lo più inerte, ristabilendo quel circolo virtuoso che fa del risparmio privato delle famiglie il naturale polmone finanziario per gli investimenti pubblici e privati con la garanzia della presenza dello Stato (sul modello Giapponese).

La sottrazione dei TDS dalle mani della finanza speculativa internazionale diminuirebbe gli interessi passivi ed eviterebbe la speculazione sui titoli derivati (quali interest rate swap e credit default swap) che causano decine di miliardi di costi finanziari addebitati al bilancio pubblico italiano.

L'Italia gode attualmente di un saldo delle partite correnti positivo (pari al 3%), genera da decenni avanzi primari di bilancio (entrate tributarie che eccedono la spesa pubblica) ed è tra le prime 3 nazioni al mondo per risparmio privato; l'Italia potrebbe quindi prosperare senza alcun bisogno di ricorrere a finanziamenti esteri (MES, Recovery Fund, FMI, Eurobond, etc.) o di soggiacere ad alcuna forma di "condizionalità" imposta da soggetti esterni alle regole sancite dalla nostra Costituzione.

L'UE ha ormai recepito la decisione della Germania di sospendere il Patto di Stabilità intrapresa nel mese di Aprile 2020 per fronteggiare le conseguenze economiche dell'emergenza Covid-19, e questo apre all'Italia una grande opportunità di avviare un piano coraggioso di investimenti pubblici e di stimoli agli investimenti privati delle famiglie e delle imprese che richiedono una iniezione straordinaria di mezzi finanziari che proprio il BTP Italia potrebbe consentire.

CHIEDIAMO

CHE IL MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE SI IMPEGNI UFFICIALMENTE AD INTRAPRENDERE IL SEGUENTE PROGRAMMA DI FINANZA PUBBLICA:

1.Le offerte di collocamento dei BTP Italia siano riservate esclusivamente a soggetti residenti, con priorità alle famiglie ed alle imprese, alle quali sia consentito di intervenire direttamente tramite canali telematici, e siano in ogni caso preclusi agli investitori non-residenti;

2. che a queste offerte venga dato il più ampio risalto mediatico tramite pubblicazione in tutti i principali organi di stampa, affissione in tutte le filiali di Poste Italiane, attraverso i canali televisivi nazionali ed i siti internet riferibili al MEF;

3. che le offerte di collocamento dei BTP Italia abbiano frequenza settimanale, senza vincoli di raccolta, in maniera che il MEF emetta tutti i titoli che vengono richiesti alle condizioni stabilite e riduca proporzionalmente le aste ordinarie di TDS fino alla loro sostanziale soppressione;

4. che alle offerte dei BTP Italia vengano ammessi nel ruolo di intermediari con il pubblico soltanto soggetti ad azionariato pubblico, quali Mediocredito Centrale, Cassa Depositi e Prestiti, Poste Italiane e Monte dei Paschi di Siena;

5. che ad ogni collocamento vengano offerte diverse tipologie di BTP Italia differenziati per scadenza, da quelle brevi (1-3 anni) a quelle più lunghe (7-10 anni), adeguando proporzionalmente le condizioni economiche di tasso e premio fedeltà in maniera da rispondere anche alle esigenze di chi è disponibile ad intraprendere un'ottica di investimento più lunga;

6. che tutti i titoli BTP Italia siano defiscalizzati e non possano essere oggetto di alcuna procedura di pignoramento, bail-in, imposta patrimoniale o altre forme di prelievo forzoso o di esecuzione giudiziaria.


PRIMI FIRMATARI: Mauro Scardovelli (Unialeph),  Nino Galloni, Alberto Micalizzi, Claudio Messora (Byoblu), Guido Grossi

Firma la "Petizione per la nazionalizzazione del debito pubblico": 

https://go.byoblu.com/BTPItalia

..scarica questo numero cliccando il link qui sotto 

La Scintilla numero 42 del 14 giugno 2020

Intervista all'On. Luca De Carlo responsabile nazionale del Dipartimento Agricoltura per Fratelli d'Italia

L' AGRICOLTURA NEL DOPO COVID-19

Il settore agroalimentare, colpito da forti speculazioni sui prezzi, è alle prese con gravi problemi di vendita del prodotti  

Abbiamo voluto porre una serie di domande sul Decreto Rilancio, soprattutto relativamente alla vicenda delle regolarizzazioni degli immigrati clandestini fortemente volute dal Ministro Teresa Bellanova (quella delle lacrime), al deputato responsabile nazionale Agricoltura di Fratelli d'Italia e capogruppo in commissione Ambiente, On. Luca De Carlo. 

************************ 

1) On. De Carlo, dopo alcune giornate di fibrillazioni politiche intergovernative tra Pd, M5S e Iv, caratterizzate da tensioni e mediazioni, è infine recentemente giunto l'accordo, nel quadro del Decreto Rilancio, sul nodo delle regolarizzazioni degli immigrati irregolari extraeuropei, su cui si era impuntato il Ministro renziano delle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova, con l'appoggio del Ministro dell'Interno Luciana Lamorgese. Alla luce delle problematiche del settore agricolo e delle sue stringenti esigenze in periodo di limitazioni da pandemia per Covid-19, la tanto sbandierata esigenza dell'emersione del lavoro nero sembra decisamente più uno specchietto per le allodole che uno strumento di aiuto immediato all'agricoltura nazionale. Casa ne pensa? 

Luca De Carlo - A mio modo di vedere, cosa che ho contestato in aula al Ministro quando venne a relazionare sulla situazione del comparto agricolo, si è semplicemente usata l'agricoltura e soprattutto i problemi degli agricoltori, per fare quello che è una pratica ormai consolidata della sinistra e cioè regolarizzare gli immigrati clandestini. La sinistra perdendo ogni giorno credibilità tra gli italiani si concentra sempre più sugli stranieri soprattutto irregolari. 

2) Il Ministro ha inspiegabilmente ignorato le reiterate istanze delle associazioni di categoria (voucher agricoli, corridoi verdi per lavoratori stagionali Ue, sburocratizzazione per consentire il lavoro nelle campagne anche ai pensionati, agli studenti, ai percettori di ammortizzatori sociali, etc.) e di numerosi assessori regionali all'agricoltura, i quali avranno magari un orientamento politico sgradito alla Bellanova, ma sono anche delle figure che con il settore e con i suoi problemi devono confrontarsi quotidianamente. Non Le sembra un atteggiamento abbastanza curioso (per usare un eufemismo) per un Ministro che deve occuparsi di agricoltura?

 Luca De Carlo - noi abbiamo audito tutte le associazioni di categoria e nessuno, salvo qualcuno più politicizzato, si è detto favorevole a questa sanatoria e non certo per motivi ideologici. Chiedevano strumenti flessibili come i voucher e corridoi verdi ma non se ne è avuta traccia penalizzando così un'intera categoria. Si è creduto che, avendo lavorato durante il Covid, gli agricoltori non avessero problemi invece il comparto ha subito speculazione sui prezzi e problemi di vendita dei prodotti. 

3) Se si badasse ingenuamente alle motivazioni evidentemente propagandistiche del Ministro Bellanova e dei suoi sodali di governo (per giustificare quella che pare una sorta di maxi sanatoria), si potrebbe essere indotti a pensare che il settore agricolo abbia bisogno solo di braccianti; in realtà le cose sono più complesse, e ci dicono della necessità di professionalità ed esperienza, di manodopera formata e qualificata, in grado tanto di eseguire potature quanto di condurre mezzi agricoli. Una visione quantomeno limitata, se non addirittura distorsiva della figura del lavoratore agricolo, quella più o meno direttamente veicolata dal Ministro, non Le pare? 

Luca De Carlo - Sicuramente da ciò che emerge dalle istanze avanzate dalle associazioni di categoria è ben altro il ruolo dell'operaio agricolo. Ci è stato richiesto in tutti i modi di intervenire per l'autorizzazione dei corridoi verdi, questo rappresenta un segnale fortissimo. L'agricoltura necessita di manodopera specializzata, un aspetto per Fratelli d'Italia Il settore agroalimentare, colpito da forti speculazioni sui prezzi, è alle prese con gravi problemi di vendita del prodotti prescindibile per la riuscita del raccolto, che si tratti di fragole, di zucchine o di uva per il vino. L'operaio deve essere formato, pratico e soprattutto competente, altrimenti si rischia di distruggere intere coltivazioni. Le imprese agricole chiedono a gran voce che sia concesso l'ingresso degli operai proveniente dall'estero, in particolare dall'est Europa, non perché ci siano preferenze circa la nazionalità ma perché si tratta di persone che negli anni hanno stabilito rapporti lavorativi stagionali e che si sono formati con il tempo, con cui sussiste un rapporto di fiducia e la differenza è tanta in condizioni normali, figuriamoci con i ritardi dell'emergenza. 

4) In qualità di responsabile nazionale per Fratelli d'Italia del comparto agricolo Lei avrà di certo avuto modo di confrontarsi con gli operatori del settore. Quali aspettative ha raccolto e quale Le sembra essere (se lo ha riscontrato) il giudizio diffuso nella categoria sulla vicenda "Bellanova e regolarizzazioni", e più in generale sull'operato del Ministro? 

Luca De Carlo - Il sentore è molto negativo perché come dicevamo rappresenta uno specchietto per le allodole. Non essendo un provvedimento necessario e richiesto non ha prodotto risultati positivi, soprattutto perché è stata strumentalizzata l'agricoltura per mettere in atto una maxi sanatoria che è tutto fuorché utile al settore agricolo, sacrificando così la possibilità di mettere in campo denaro, incentivi e provvedimenti più mirati e utili. 

5) Secondo Lei, gli "incentivi" inseriti nel Decreto Rilancio, relativi alla sospensione dei procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro, sono sufficientemente adeguati ed incentivanti per spingere i datori di lavoro a intraprendere il percorso di emersione dei rapporti irregolari? 

Luca De Carlo - L'unico vero incentivo utile in questo momento, ma anche in altri momenti storici, in uno Stato in cui vige una tassazione che supera abbondantemente il 65% è quello di abbassare le tasse; tutto il resto sono provvedimenti di facciata che consentono a qualcuno di pulirsi la coscienza e di dire di aver tentato di far emergere il sommerso, ma in realtà non hanno fatto nulla. Abbattere le tasse e poi punire in maniera esemplare chi le evade. 

6) Già nel primo dopoguerra il sindacato da cui proviene il Ministro Bellanova (Cgil) denunciava il mancato rispetto dei contratti agricoli e il fenomeno del lavoro nero; le disumane baraccopoli (presenti specialmente al Sud), in cui vivono migliaia di immigrati clandestini (per lo più africani) molti dei quali lavorano in nero come raccoglitori stagionali, sono ancora lì, note a tutti, Stato compreso, ma ignorate, tollerate. La Bellanova si è commossa all'annuncio dell'approvazione del Decreto Rilancio quasi si trattasse di un evento di portata storica, di atto risolutivo per l'emersione del lavoro sommerse per le sorti dei cosiddetti "invisibili", come li chiama la sinistra. Non le sembra che ci sia qualcosa che non quadra? 

Luca De Carlo - Ripeto, non sono problematiche queste che si risolvono con la regolarizzazione temporanea e indistinta dei cittadini non in regola con i permessi. Se ci fosse la volontà di intervenire veramente sugli "invisibili" si adopererebbero sistemi e politiche di ben altra portata. Qualcuno crede davvero che da domani e per sei mesi le baraccopoli si trasformeranno in villette bifamiliari? Gli annunci a cui ci ha abituati questo Governo negli ultimi tre mesi hanno avuto tutti la particolare caratteristica di sensazionalità, tutte le conferenze stampa sono state contraddistinte da termini, atteggiamenti, annunci di "portata storica". Indimenticabili saranno le lacrime del Ministro Bellanova come lo sarà la "potenza di fuoco" del Presidente Conte, peccato entrambi non rappresentino affatto una risposta concreta ed immediata alle esigenze della nostra Nazione. Anzi. 

7) Le imprese italiane del settore hanno bisogno di un approccio politico e ideologico relativo al loro lavoro da parte del Ministero? 

Luca De Carlo - Le imprese devono sapere che il Ministero lavora per loro, cioè devono finalmente capire che c'è un Ministero al loro fianco, non devono percepire lo Stato come un nemico; per fare questo è evidente che il Ministero deve diventare meno ideologizzato e deve avere una sola priorità: l'interesse nazionale, che si esplicita anche nel sostegno alle imprese italiane. 

8) Avendone facoltà, quali articoli contenuti nel Decreto Rilancio relativi all'agricoltura andrebbe a modificare?

 Luca De Carlo - Abbiamo presentato oltre 100 emendamenti che riguardano il settore primario, in primis mi sono occupato di proporre l'abrogazione dell'art. 103 proprio in considerazione del fatto che la maxi sanatoria per la regolarizzazione dei cittadini stranieri non rappresenta in alcun modo un provvedimento utile alla ripresa produttiva, piuttosto con la modifica dell'art.94 (Promozione del lavoro agricolo) ho chiesto la reintroduzione dei Voucher agricoli per facilitare le assunzioni e l'implementazione dei Corridoi Verdi.

..scarica questo numero cliccando il link qui sotto   

La Scintilla numero 41 del 25 aprile 2020

«Resistenza» e «liberazione» sono due parole su cui si è costruita una teologia destituita di fondamento storico

RESISTERE...ALLA RESISTENZA

La RESISTENZA, quella autentica, oggettiva, andrebbe paradossalmente attribuita ai combattenti fascisti della R.S.I. che, consapevoli dell'imminente sconfitta, andarono ad affrontare forze nemiche soverchianti per numero, armamenti e mezzi, mentre divampava la Guerra Civile col suo carico - che ignorava ogni legge civile e militare - di agguati, eccedi, vendette sugli inermi, stupri, tribunali del popolo, caccia all'uomo, assassinii mirati (da parte comunista) degli esponenti più moderati (i "pontisti", i "pacificatori") del fascismo repubblicano come Ghisellini, Resega, Gentile.

La Domenica del Corriere" : «I "fiori" delle donne di Firenze ai "liberatori". Contro un gruppo di soldati neozelandesi entrato nel suo esercizio, un'ostessa lancia bombe a mano, uccidendo alcuni nemici: essa stessa pagò con la vita la sua eroica azione.

Appelli di partito perché gli italiani intonino Bella Ciao dai balconi di casa; la giustificazione scritta - come a scuola! - per poter permettere di celebrare il 25 aprile in piazza - in momento in cui ci sono restrizioni delle libertà personali per tutti - a quelli che "combattono feroci dittatori e regimi sanguinari"...

Ci sarebbe da ridere di questa farsa, se non avessimo purtroppo a che fare con minoranze fanatiche che continuano a propalare falsità e a seminare odio politico, anche a spese dei contribuenti.

Soggetti abituati a deformare i tratti del nemico fino a negarne la dignità, i diritti civili, l'essere italiani, l'essere uomini.

In questo particolare e drammatico frangente in cui ci sono italiani che non hanno potuto portare l'ultimo saluto ai propri cari, che non hanno potuto celebrare la Pasqua, che non hanno potuto sposarsi, che non hanno potuto veder nascere i propri figli, che non hanno potuto battezzare i figli, vedi poi che ad alcuni è invece concesso quello che ad altri è negato, allora tornano qui attuali le parole di Giorgio Almirante in chiusura di un suo articolo, sul Secolo d'Italia del 24 aprile 1955, dal titolo eloquente "Non è festa. Appello agli Italiani": «(...) La dignità della Patria svilita da mandrie di sciuscià promossi alla vita politica. Insuperbito qualsiasi predone straniero dalla possibilità di manomettere le carni martoriate d'Italia. Quale di tali successi celebrerete domani, "resistenti"? Bando alle ipocrisie: voi vi accingete a celebrare soltanto il vostro personale successo, voi festeggiate l'ambizione per vent'anni repressa e in un decennio scatenata, voi vi compiacete, fino al narcisismo, per il potere politico finalmente conquistato, voi brindate alla poltrona in coppe piene di sangue ITALIANO. E non ci dite che dei Morti avete rispetto. Consentiteci di dirvi che persino dei vostri morti abbiamo più rispetto noi. I morti nostri e vostri vogliono silenzio; vogliono pace. Avete offeso chi, in buona fede, cadde dieci anni fa nelle vostre file, perché - ottimi discepoli di Roosevelt - avete tradito i solenni impegni di allora. Non li offendete ancora. Quel che di spontaneo o di generoso poté esservi dalla vostra parte non merita il postumo oltraggio della celebrazione da parte di Audisio o di Sereni. Tacete, dunque. Domani - LA CARITÀ DI PATRIA COMANDA PIÙ DELLA LEGGE ANTIFASCISTA - non è festa»

Già, perché il 25 aprile, da 75 anni, a questa parte, è una non-festa che divide gli italiani, pretendendo di imporre la presunta superiorità morale, civile ed intellettuale, di chi si professa antifascista, rispetto a tutti gli altri; una non-festa che celebra l'impostura e la deformazione della verità storica della cosiddetta «liberazione», come afferma nel suo libro "La fine di una stagione" (Edizioni Il Mulino) Roberto Vivarelli, volontario quattordicenne nella Repubblica Sociale e poi antifascista liberal- democratico: «(...) su questa impostura si è preteso fondare la nostra repubblica. Si sono chiamati" liberatori" gli Alleati e "invasori" i Tedeschi, dimenticando che i primi sono sbarcati sulle nostre coste con un'azione di guerra, mentre i secondi queste coste le difendevano, accanto alle nostre truppe, come alleati (...)», con buona pace dello storytelling antifascista che vuole i tedeschi «invasori» e gli angloamericani «liberatori» (quando i documenti raccontano inequivocabilmente che fu il Capo del Governo in persona, il Generale Badoglio, a richiedere la presenza dell'alleato tedesco sul suolo italiano). La Festa della Liberazione è la giornata celebrativa di chi da tempo applica la categoria «fascista» a tutto ciò che non è di sinistra, per interessi politici legati al presente: l'antifascismo usato come instrumentum regni.

È una festa partigiana, ergo di parte, di fazione, settaria, non potrà mai quindi essere la "festa di tutti" come invece potrebbero (ancora) essere alcune date legate alla Grande Guerra, come lo fu per esempio il 4 novembre Festa della Vittoria, oggi Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate.

D'altronde l'unitarietà di questa "festa" nasce già minata alle fondamenta dato che la stessa resistenza era divisa al suo interno da lotte intestine per la supremazia tra comunisti, giellisti, monarchici, democristiani, etc.; unico collante, la lotta al nazifascismo. Il 25 aprile può rappresentare sì "la festa della liberazione", ma solo per i Salvatore Lucania (poi naturalizzato statunitense Charles "Lucky" Luciano), per i mafiosi, che dopo le "amorevoli cure" di quello che Giovanni Falcone definì «l'unico serio tentativo di lotta alla mafia, (fu) quello del prefetto Mori, durante il Fascismo» tornarono a rialzare la testa in Italia con l'arrivo degli americani nella Seconda Guerra Mondiale; proprio quegli americani "liberatori" che considerandoli sicuri antifascisti, li posero a capo delle amministrazioni locali siciliane!

Già, i «liberatori», strana specie questi «liberatori», e strani «alleati» quelli che coi loro bombardamenti terroristici martoriavano la popolazione che dovevano liberare. Per farsi un'idea di quanto premesse agli angloamericani il "liberarci", si consideri che l'Italia fu bombardata per un solo mese in meno rispetto alla Germania; morirono sotto i bombardamenti tanti italiani quanti inglesi a causa degli attacchi aerei tedeschi sulla Gran Bretagna; su Roma furono sganciate più tonnellate di esplosivo che su tutte le città britanniche messe insieme; il numero delle vittime  italiane sotto i bombardamenti «alleati» oscilla tra le 60mila (secondo lo storico britannico Richard Overy, autore della monumentale opera "Bombing War Europe 1939-1945") - cifra confermata sostanzialmente (62mila) anche dalla ricerca dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito - alle 70mila secondo una stima Istat, con storici che arrivano ad ipotizzare anche cifre ben superiori (80 e 100mila).

Nonostante quanto fin qui riportato. la giornata del 25 aprile non è comunque giorno da buttare solo perché qualcuno crede di poterla occupare e monopolizzare per fini ideologici. Se siete veneti, regalate un bocciolo di rosa rossa alla vostra amata per la "Festa del bocolo" e festeggiate il patrono di Venezia e del Veneto, San Marco Evangelista, ricordate il compleanno di un grande italiano, Gugliemo Marconi, altrimenti leggetevi un buon libro di autentica resistenza, come "I FRANCHI TIRATORI DI MUSSOLINI" di Luca Tadolini o "FASCISTA DA MORIRE" di Mario Bernardi Guardi, sono tutte scelte d'amore per la nostra terra e per la nostra gente! 

Luca Zampini



...scarica questo numero cliccando il link qui sotto  

Due libri consigliati sul tema: 

   

La Scintilla numero 40 del 10 aprile 2020

La causa sono le accise ovvero le imposte dirette sul carburante per finanziare situazioni emergenziali.

CALA IL PETROLIO MA NON LA BENZINA

Per ogni 100 euro di benzina che il cittadino paga, 70 euro vanno allo stato e 30 euro per la materia prima 

Ci troviamo in uno dei momenti storici più incisivi degli ultimi 70 anni. La pandemia che porta il nome di COVID-19 imperversa ormai in ogni angolo del globo colpendo in particolar modo le economie più ricche e produttive da oriente ad occidente. È naturale che in un contesto simile, nel quale assistiamo ad una brusca ed improvvisa frenata dell'economia mondiale, il prezzo del petrolio sia in forte ribasso. Nella giornata del 3 aprile 2020, il petrolio è scambiato a poco più di 26 dollari al barile; per ritrovare un valore così basso dobbiamo ritornare alla famigerata data dell'11 settembre 2001. Come si sa l'oro nero rappresenta una delle materie prime più importanti per l'economia globale, l'andamento del suo prezzo determina notevoli conseguenze sull'economia reale di tutte le nazioni industrializzate. Esso di fatto risulta essere una delle più importanti variabili macroeconomiche, ed essendo per sua natura esogeno, non può essere determinato dagli schemi di politica economica della quasi totalità delle nazioni sovrane. Arriviamo dunque a considerare la situazione nazionale, cosa comporta per noi questo calo del prezzo del petrolio? Beh, una delle più logiche conseguenze dovrebbe essere una drastica riduzione del prezzo della benzina, ma l'esperienza insegna che la realtà spesso si discosta della teoria.

Anche in questi giorni fermandosi in una qualsiasi stazione di rifornimento troviamo prezzi aggirarsi intorno ad €1,5/l o €1,4/l per la benzina senza piombo e €1,3/l o €1,2/l per il diesel; sostanzialmente allo stesso prezzo di qualche mese fa o, con un pizzico di fortuna, leggermente più basso. Come si spiega questo fenomeno? Perché nonostante un crollo del prezzo del greggio il prezzo del pieno alla macchina rimane comunque così salato?

Dunque, bisogna innanzitutto sapere che il costo della materia prima influisce solamente per una piccola parte al costo finale del carburante, in particolar modo quando parliamo della benzina. È possibile infatti scomporre il prezzo della benzina in tre componenti. Come già detto, la materia prima influisce solamente per circa il 30% sul prezzo finale, poi vi è l'IVA (imposta sul valore aggiunto) che come si sa ad oggi raggiunge un'aliquota del 22%, ed infine arriviamo alle famose accise sul carburante, che nel caso della benzina, rappresentano il restante 48% del prezzo finale. A conti fatti quindi per ogni 100 euro di benzina che paga il cittadino, 70 euro vanno allo stato (22 di IVA e 48 di accise) e i restanti 30 servono a pagare la materia prima e far guadagnare, legittimamente, le pompe di benzina che comunque sostengono delle spese di trasporto, manutenzione delle pompe, personale, impianti, ecc. Ed ecco spiegato il motivo per il quale anche se domattina il petrolio dovesse raggiungere il prezzo di cinque dollari al barile, sostanzialmente per il comune cittadino italiano non cambierebbe pressoché nulla e senza aprire il giornale probabilmente nemmeno se ne renderebbe conto. Secondo la graduatoria del Global Petrol Prices (aggiornata al 19 marzo 2018), l'Italia è il quinto Paese più caro al mondo dove fare un pieno alla propria auto. Le prime quattro posizioni sono occupate, in ordine crescente, da Monaco, Hong Kong, Norvegia e Islanda, tutte nazioni nelle quali il Pil pro-capite ed il potere d'acquisto dei cittadini sono nettamente superiori a quelli italiani. Ma da dove derivano queste famose accise?

Le accise sono imposte dirette sul carburante che vengono stabilite dal governo principalmente per finanziare situazioni emergenziali, come guerre o disastri ambientali; o almeno questo è quello che avveniva nel passato. Nel 2018, durante la campagna elettorale, Matteo Salvini affermava di voler togliere almeno le 7 accise più anacronistiche, portando così ad una riduzione di almeno 10 centesimi sul litro di benzina. Le accise in questione erano queste:

  • accisa di 0,000981 euro al litro: finanziamento della guerra d'Etiopia del 1935-1936;
  • accisa di 0,00723 euro al litro: finanziamento della crisi di Suez del 1956;
  • accisa di 0,00516 euro al litro: ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963;
  • accisa di 0,00516 euro al litro: ricostruzione dopo l'alluvione di Firenze del 1966;
  • accisa di 0,00516 euro al litro: ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968;
  • accisa di 0,0511 euro al litro: ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976;
  • accisa di 0,0387 euro al litro: ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980;
  • accisa di 0,106 euro al litro: finanziamento della guerra del Libano del 1983;

Tuttavia, pur essendo il concetto giusto, il ragionamento parte da un'assunzione errata. Infatti, non possiamo più parlare di tante accise separate adibite a finanziare singole iniziative, ma bensì di un'accisa unica che entra direttamente nelle casse dello stato senza scopi specifici. Per un decreto legislativo del 1995 infatti, l'accisa sul carburante è definita in modo unitario e il gettito che ne deriva non finanzia il bilancio statale in specifiche attività, ma nel suo complesso. Se volessimo quantificare il gettito fiscale dell'accisa, potremmo tranquillamente dire che si aggira su cifre ampiamente superiori ai 7 miliardi di euro.

Questo errore grossolano di Matto Salvini è confermato anche dal fatto che la prima di quelle famose 7 accise da lui menzionate in un video diventato virale, trattasi dell'accisa per finanziare la guerra in Etiopia. Essa fu istituita nel 1935 e in seguito fu abolita con un RDL (regio decreto legislativo) risalente all'anno successivo, quando ormai la guerra era già stata conclusa vittoriosamente sotto il governo Mussolini.

Ma al di là di questi errori grossolani, Salvini poi al governo c'è stato davvero.

Avrà mantenuto le promesse?

Ovviamente no. La speranza è quella che, una volta superata l'emergenza coronavirus e una volta fatta ripartire l'economia del paese, si possa finalmente tagliare questa accisa per poter meglio favorire i trasporti ed aiutare a diminuire i costi per le piccole e medie imprese. Chissà che una buona volta la pressione fiscale diminuisca davvero, anche tagliando quelle tasse che sono meno visibili agli occhi dei contribuenti ma che in realtà gravano notevolmente sulla vita di tutti i cittadini.

Marco Massarini

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto   

La Scintilla numero 39 del 27 marzo 2020

Dalle prime modifiche del1968 ai tagli della spending review del Governo Monti ai successivi tagli regionali

REGRESSIONE E COLLASSO DELLA SANITÀ ITALIANA

Già nel gennaio del 2018 la sanità lombarda ebbe grosse difficoltà di posti in terapia intensiva causati dall'influenza stagionale

Consapevoli che in tempo di emergenze non si può ragionare per singole individualità, vogliamo però qui rifuggire sia alla tentazione tanto diffusa del "dagli all'untore" (rivesta esso i panni di chi esercita in solitaria attività fisica all'aperto o di chi abbia necessità di fare quattro passi), sia alla correlata libido autoritaria, aspetti questi che spostano l'attenzione dalle colossali inefficienze, dai ritardi, dalle esitazioni fatali, dalle leggerezze, dalle preclusioni ideologiche che hanno contraddistinto l'operato governativo che nelle settimane precedenti hanno trascinato l'Italia in una crisi drammatica.

Per questo vogliamo invece qui concentrarci sulle evidenti inadeguatezze dell'odierno Servizio Sanitario Nazionale di fronte a situazioni come quelle determinate dal cosiddetto Coronavirus o Covid-19.

Lo facciamo disobbedendo ai vomitevoli richiami alla "responsabilità" lanciati proprio dai pulpiti politici (?) dei RESPONSABILI dell'attuale spolpato servizio sanitario nel suo insieme; SSN di cui non disconosciamo certo eccellenze e qualità specialistiche, così come non possiamo che rendere onore al merito dei tanti operatori del settore medico e paramedico lasciati soli con la loro abnegazione e il loro eroismo a combattere al fronte senza armi ed equipaggiamento (comunicazione contraddittoria, drammatica carenza di respiratori, di posti letto in terapia intensiva, di Dpi, etc.), da "generali" sciagurati e imboscati, per usare una metafora militare.

Basterebbe leggere la lettera spedita dai medici dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo al New England Journal of Medicine di cui qui riportiamo alcuni stralci. "La situazione è così grave che siamo costretti a operare ben al di sotto dei nostri standard di cura. I tempi di attesa per un posto in terapia intensiva durano ore"; e ancora "nelle zone circostanti la situazione è anche peggiore. Gli ospedali sono sovraffollati e prossimi al collasso, e mancano le medicazioni, i ventilatori meccanici, l'ossigeno e le mascherine e le tute protettive per il personale sanitario. I pazienti giacciono su materassi appoggiati sul pavimento. Il sistema sanitario fatica a fornire i servizi essenziali come l'ostetricia, mentre i cimiteri sono saturi il che crea un ulteriore problema di salute pubblica. Il personale sanitario è abbandonato a se stesso mentre tenta di mantenere gli ospedali in funzione. Fuori dagli ospedali, le comunità sono parimenti abbandonate, i programmi di vaccinazione sono sospesi e la situazione nelle prigioni sta diventando esplosiva a causa della mancanza di qualsiasi distanziamento sociale".

Ma come è stato possibile arrivare a questo punto?

La sanità italiana di oggi è figlia della deregulation (il "mitico" processo di snellimento nell'interesse pubblico!!!) di fine anni Settanta inizio anni Ottanta, nella forma famelica e dissennata del liberalismo anglosassone che ha infettato - come un virus - l'intero Occidente, anche se in realtà bisognerebbe risalire alle prime modifiche della gestione degli ospedali e dei servizi di assistenza datata 1968, con la legge n. 132 del 12 febbraio (cosiddetta "legge Mariotti", dal nome del ministro socialista Luigi Mariotti), dove gli ospedali furono «affrancati dal loro tradizionale ancoraggio alla sfera dell'assistenza» e trasformati in «aziende di cura» (qualcuno ricorderà la magistrale interpretazione di Alberto Sordi nel film "Il medico della Mutua" realizzato proprio in quegli anni).

Di lì in poi vi fu tutta una serie di passaggi significativi animati in teoria da roboanti intenti migliorativi (estensione della copertura sanitaria, efficientismo, razionalizzazione) ma che purtroppo non sempre si dimostrarono tali, anzi, con gli sperperi che si andavano via via sommando alle inefficienze, gli eccessi ai disservizi, il clientelismo alla lottizzazione partitocratica e alla moltiplicazione dei centri di spesa:

- la nascita del Servizio Sanitario Nazionale - e con esso le Unità Sanitarie Locali (USL) gestite dai Comuni - con la legge 23 dicembre 1978, n. 833 con decorrenza dal 1º luglio 1980 (durante l'allora "governo Andreotti IV" su proposta del Ministro della Sanità Tina Anselmi, era l'epoca del compromesso storico Dc-Pci...); riforma rimasta ben al di qua degli intenti che l'avevano ispirata: «lo Stato non adottò i provvedimenti programmatori di sua competenza e le Regioni, la cui legge fu approvata pochi giorni dopo quella ospedaliera, non potevano ancora esprimere una capacità di governo adeguata a un'attività di programmazione».

- l'istituzione del ticket - in barba al principio costituzionale del "diritto alla salute" - introdotto dal Governo De Mita con il decreto legge 23 marzo 1989, 89 convertito con modificazione dalla legge 27 aprile 1989, n. 154;

- la trasformazione delle Unità Sanitarie Locali (create nel '78) in Aziende Sanitarie Locali col d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; ASL dotate di autonomia e svincolate da un'organizzazione centrale a livello nazionale, poiché dipendenti dalle regioni italiane;

- l'affidamento alla presunta superiorità tecnico-gestionale dei manager di fine anni Novanta (allora Ministro della Sanità Rosy Bindi, "Governo Prodi");

- i "Patti per la Salute" (accordi finanziari e programmatici tra Governo e Regioni, da rinnovare ogni tre anni in sede di Conferenza Stato-Regioni) di inizio anni Duemila (secondo "governo Amato"), le cui apparenti buone intenzioni sono spesso costrette nei margini stretti di manovre economiche che hanno eroso la disponibilità di risorse su cui contare;

- i tagli (quasi 7 miliardi) della cosiddetta spending review (revisione della spesa pubblica) del grigio tecnocrate Mario Monti e del suo governo (dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013);

- i successivi ulteriori tagli da parte dei governatori una volta scattati i piani di rientro per le Regioni, con l'aumento dei ticket e la diminuzione dei posti letto a 3,2 per 1.000 abitanti (contro una media europea di 5); liste d'attesa rimaste lunghissime e livelli minimi di assistenza divenuti una chimera al Sud.

Queste sono solo alcune delle tappe significative e degli esempi lungo la strada del continuo dissanguamento del Servizio Sanitario Nazionale (ma si può ancora definirlo tale, dopo il D.Lgs. n.517/1993, da quando la sanità è materia regionale e le Regioni decidono in modo del tutto autonomo il sistema sanitario, la governance e tutte le regole di funzionamento? Non esiste da oltre due decenni una Regione con un sistema uguale a quello di un'altra, con una sanità di serie A e una di serie B...).

Ma proseguiamo con altri dati emblematici.

Nel decennio 2010-2019 tra tagli e definanziamenti al SSN sono stati sottratti circa € 37 miliardi e il fabbisogno sanitario nazionale (FSN) è aumentato di soli € 8,8 miliardi. Tutti i governi hanno contribuito al progressivo indebolimento della più grande opera pubblica mai costruita.

Anche prima, comunque, non si è brillati per lungimiranza: nel 2008 il passivo del SSN sfiorava i 10 miliardi a fronte di una qualità di servizi prestati ben lontana dai livelli di efficienza che tale deficit avrebbe dovuto giustificare.

In nome del risanamento dei bilanci locali e delle aziende sanitarie sono scattati i piani di rientro per le Regioni con uno squilibrio nella sanità superiore al 5% del finanziamento complessivo.

Alcuni dati ufficiali ci dicono che nel 2017 l'assistenza ospedaliera si era avvalsa di 1.000 istituti di cura, dieci anni prima erano 1.197, mentre nel 1998 erano 1.381.

Per quanto riguarda la disponibilità di posti letto, nell'Ue l'Italia è al quint'ultimo posto (se vogliamo prendere ancora in considerazione l'Inghilterra, altrimenti occupiamo addirittura il quart'ultimo posto). Se andiamo a vedere la classifica siamo al 23° posto sia come posti letto pro capite sia come posti letto pro capite per terapia intensiva, dopo di noi solo Spagna (quella che non a caso nel momento in cui scriviamo sta incalzando l'Italia per numero di pazienti deceduti), Danimarca e Svezia; al primo posto invece la Germania (non a caso quella che per prima, nel momento in cui scriviamo, ha iniziato ad ospitare nostri malati di Covid-19). Si noti che tutti i Paesi provenienti dall'ex blocco comunista (in parte anche la Germania se pensiamo alla parentesi DDR) sono messi meglio di noi, e questo dovrebbe dirla lunga sulle "qualità" del liberalismo sotto il profilo del sistema di assistenza sanitaria...

Se pensiamo che l'Italia, la terza economia europea, ma anche il primo Paese al mondo come tasso di anzianità della popolazione, ha tagliato fino ad occupare la 23ª posizione per posti letto, mentre gli altri non lo hanno fatto (nelle medesime proporzioni), risulta inutile, fuorviante e alibistico prendersela con la Ue ma dobbiamo invece prendercela con noi stessi. Per rendere meglio l'idea, in Italia abbiamo 2,6 posti letto ogni mille abitanti, mentre la media per l'Unione Europea è 3,7; abbiamo lo stesso numero di posti letto della Romania che però ha un terzo della nostra popolazione e ha un rapporto di 6,1 posti letto per mille abitanti. Come abbiamo scritto in apertura di questo articolo, non si discute la nostra qualità a livello sanitario (che sicuramente ci aiuta a sopperire alle mancanze), ma si tratta di numeri significativi che mettono a nudo il re.

Non è un caso - e non ci stupisce - se già nel gennaio del 2018 la sanità lombarda aveva registrato grossissime difficoltà proprio sul fronte della carenza di posti in terapia intensiva a causa dell'influenza, come riporta un articolo del Corriere della Sera: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/18_gennaio_10/milano-terapie-intensive-collasso-l-influenza-gia-48-malati-gravi-molte-operazioni-rinviate-c9dc43a6-f5d1-11e7-9b06-fe054c3be5b2.shtml

La politica dei tagli alla Sanità e della riduzione del numero di ospedali è una tendenza più marcatamente in atto da almeno 25 anni (grosso modo dall'avvento della cosiddetta Seconda Repubblica), da ben prima quindi che scoppiasse la crisi economica nel 2008 e, quel che è peggio, non è coincisa con una riduzione della spesa sanitaria.

E le cose non vanno meglio sul fronte del personale, dove i sindacati denunciano ad oggi, una carenza di 46mila operatori, 8mila dei quali medici.

Un altro nervo scoperto è quello dell'assistenza alle persone non autosufficienti, ai malati, ai disabili e alle loro famiglie. Tanto per citare un esempio senza tanti giri di parole, la Regione Lazio, a guida Zingaretti - sì, quello del "Parola d'ordine: normalità", del "Non c'è la crisi" e dell'aperitivo sui Navigli a Milano - , ha tagliato il sussidio di 700 euro a circa 800 disabili gravissimi (basti pensare che un malato di SLA deve affrontare una spesa mensile che si aggira intorno ai 3.000€...), rendendo ancora più stringenti i requisiti per ottenerli; quella stessa Regione Lazio a guida Zingaretti che ha anche cassato 3.600 posti letto e chiuso diversi ospedali. Emblematico il caso del Forlanini, che negli anni Trenta era la più grande struttura ospedaliera d'Europa, passato da fiore all'occhiello della sanità laziale a struttura dismessa rifugio per sbandati, tossicodipendenti e senzatetto, che la Giunta Zingaretti valuta di trasformare nel quartier generale di agenzie delle Nazioni Unite come il World Food Program e l'Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo.

Saranno i bilanci sempre più magri, saranno le dinamiche politiche che spingono a privilegiare una spesa rispetto ad un'altra, ma più passano gli anni, più le persone si trovano sole ad affrontare le necessità, le emergenze, i disagi e le spese necessarie per vivere con dignità, nonostante le difficoltà.

Intanto in questi giorni molte persone, associazioni, singoli imprenditori, la Protezione Civile e tante altre realtà del territorio stanno contribuendo a raccogliere fondi per i nostri ospedali in cui il personale è duramente impegnato nel combattere il Coronavirus. Tanta, tanta solidarietà e altrettanta voglia di non arrendersi ad un destino apparso sotto forma di tagli di bilancio che vanno ad aggravare una condizione già difficile, fino a renderla miserabile.

È evidente che la nostra sanità deve essere ripensata. E dovrà essere ripensata anche strutturalmente e strategicamente alla luce delle minacce che sempre più frequentemente si presentano. Ma per far questo servirà probabilmente una nuova classe dirigente, vaccinata dal clientelismo, dalla partitocrazia, dal presunto efficientismo liberista e dal pensiero unico "no borders".

Luca Zampini -Responsabile provinciale di Verona, Progetto Nazionale

Mattia Lorenzetti - Progetto Nazionale Circolo di Legnago (VR) 

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto  

La Scintilla numero 38 del 13 marzo 2020

Dopo aver fatto lo sgambetto all'Italia, Christine Lagarde ha messo in difficoltà l'euro

EMERGENZA VIRUS MA DALL'UE VUOTO TOTALE

Ci siamo trovati catapultati in una situazione di crisi sanitaria ed economica, che non si vedeva da secoli

Una conferenza stampa alla volta, l'Italia sta affrontando in criminoso ritardo il coronavirus, rincorrendolo. La confusione è alimentata dalla carente informazione e dalla competizione politica, assolutamente fuori posto. A futura memoria: Decreti pasticcio e male spiegati: "tutti in casa, ma non tutti", panettieri e supermercati aperti, finché ce n'è!, poi - ... ma non si deve dire -, anche le merci scarseggeranno (?); "sanzioni penali" non spiegate ai cittadini; "misure di sostegno economico" per le famiglie, per chi è costretto a non lavorare, che non si sa quando saranno annunciate e cosa sosterranno; contrattazioni in borsa non sospese al ribasso, con perdite del 25%. A livello Unione europea, vuoto totale. Una sola minaccia, il virus e 27+1 contromisure diverse per gli stati europei; una per ciascuna delle 20 regioni italiane. Infine, zona rossa per tutta l'Italia. Tardi, ma necessario. Ma in Ue? Significa che domani noi guariremo e gli altri ci impesteranno, punto e d'accapo. L'Ue promette di restituirci 25 miliardi, quando e in che reale misura, non si sa. E la BCE?

La nuova presidente della BCE, la francese Christine Lagarde, ex direttrice del Fondo Monetario Internazionale, alla sua prima uscita, anziché tranquillizzare i mercati, ha dichiarato "Non siamo qui (la Banca Centrale Europea) per chiudere gli spread (la forbice fra BTP italiani e Bund tedeschi), ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni". Immediatamente lo spread è salito di 50 punti a danno del BTP, e la Borsa di Milano è crollata del -17%.

La Signora Lagarde ha demolito la sua credibilità. Seguendo i suggerimenti improvvidi della sua collaboratrice tedesca Schnabel, ha dichiarato al mondo che la BCE parla tedesco. Se volevano tagliarci le gambe, dicendo ai mercati che la BCE non avrebbe acquistato i titoli italiani (OMT), hanno fatto impennare gli spread di Spagna, Portogallo, Irlanda, Francia (crollo a -16 della borsa francese) e i "mercati" ne hanno preso atto. Ma vorrei capire il perché dell'influenza tedesca sulla BCE, a questo livello e perché non deve "chiudere gli spread".

Ci siamo trovati catapultati in una situazione di crisi sanitaria ed economica, che non si vedeva da secoli e la domanda di liquidità è abnorme e, senza sovranità monetaria, non può essere soddisfatta da nessun altro soggetto economico che non sia la BCE. In questo frangente, la Banca d'Italia avrebbe svolto il ruolo di prestatore di ultima istanza, aprendo la borsa dei crediti; perché non dovrebbe farlo la BCE, come faceva Draghi?

Dopo aver fatto lo sgambetto all'Italia, Lagarde ha messo in difficoltà l'euro. Un colpo che potrebbe risultare fatale anche per lei. È stato un attacco all'euro? e quanto c'entra Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank?

Dopo queste attenzioni della BCE, il messaggio, in italiano, della Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen all'Italia: "Non siete soli. In Europa siamo tutti italiani, vi sosterremo", ha addolcito le reazioni in Italia.

Mattarella senza nominarla, ha diramato un delicato rimprovero:

L'Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell'unione europea.

Si attende quindi, a buon diritto, quantomeno nel comune interesse iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l'azione."

Non ci illudiamo, né delle parole della presidente Von Der Leyen, né delle scuse della Lagarde, né del rimprovero del presidente Mattarella. Contano i fatti di questo presidente della Repubblica e della governance dell'Unione europea- non chiamiamola Europa, che è altra cosa -. Conta che, fino ad oggi, il loro must è stato per noi "servire Bruxelles e Berlino fino all'ultimo italiano".

SALVIAMO IL NOSTRO ESSERE ITALIANI

Siamo naufraghi sulle scialuppe davanti al nemico, sottovalutato prima, sopravvalutato, poi, sicuramente mal coordinato e, infine, usato vergognosamente come palcoscenico. Stiamo assistendo a una esibizione di bravura del presidente del Consiglio, che oggi cavalca l'emergenza sanitaria che ieri aveva deriso, di più, privando del merito i medici di un ospedale che, "forzando" i protocolli, avevano scoperto l'infezione; anzi, esponendoli ed esponendoci al ludibrio del mondo intero. Il presidente del Consiglio non cessa di richiamare su di se l'attenzione attraverso i media, ponendosi al di sopra della democrazia rispetto alle minoranze - che minoranze non sono più -, al di sopra dei tecnici ufficiali e dei governatori delle regioni. Gli italiani hanno subito la confusione iniziale, l'uso politico di una emergenza sanitaria nazionale da parte del governo, la corsa ai ripari dell'allarmismo e, ora, questo sfoggio pesante di bravura da parte di chi ha seminato confusione, lasciato entrare il virus nelle nostre città con misure sbagliate di contenimento e la cui sola voce alimenta la mia e non solo mia preoccupazione. Voglio motivare questa sfiducia: La Germania per il Coronavirus investe 53 miliardi, l'Italia 4. Non solo, fondi dimezzati alla sanità, perché spesi per i migranti-clandestini. 

C'è un'altra figura che dovrebbe interrogarsi sulle sue responsabilità per questa ferita della cittadinanza ed è il Capo dello Stato, che, per ben due volte, ha confidato in questo, fino a ieri, sconosciuto e che, oggi, dopo questa ennesima prova di incapacità, ci arringa, finalmente, invitandoci a seguire le direttive del Governo. Vorremmo, invece, ascoltare una voce autorevole, responsabile della sanità ed una sola e, dal Governo, sentire annunciare l'intervento concreto, forte e immediato dello Stato nelle politiche fiscali e monetarie straordinarie a favore di una sanità da ripensare, da preparare al peggio, a favore di tutti: famiglie, lavoratori, imprese e, per favore, non soltanto a favore dei reclusi della zona rossa e senza attendere le mance dell'Unione europea. Gli strumenti li conosciamo, ma conosciamo anche chi e come occupa gli scranni (. Avremo tempo per giudicare la falla istituzionale. Siamo, infatti, di fronte ad una emergenza sanitaria e ad una emergenza economica e non ci è dato di fare previsioni né per l'una né per l'altra. Ma c'è di più. Stiamo assistendo allo stravolgimento della identità cristiana e questa epidemia viene già trattata con le logiche di una umanità serva dei farisei. Inoltre, non è stata e non viene soltanto strumentalizzata, per consentire agli stolti di riassestarsi sulla ribalta e, da lì, tornare a pontificare. Mi appello alle donne, simbolo della mia libertà, madri del mio futuro: Salviamo il nostro essere italiani!

Lascio le vergogne di questo inizio tragico del 2020, tragico per i morti che, perché anziani, dovevano morire e tragico per gli imprenditori, che potevano essere sostenuti con ben altre misure. Non sono un accusatore per principio, ma penso al manifatturiero. Vi domando: In cosa differisce l'epidemia da una emergenza nucleare? Abbiamo o non abbiamo Forze Armate equipaggiate e addestrate per operare in zone contaminate? Qualcuno ha preso in considerazione di alimentare, ove possibile, la catena produttiva del Lombardo-Veneto, affinché sopravvivesse? Dopo l'indegno sputtanamento della "falla" nel nostro sistema sanitario, che ha fatto il gito del mondo; dopo la chiusura o la quarantena imposta alle nostre merci, ai nostri prodotti, a chi proviene dall'Italia, queste domande possono apparire oziose. Il Governo calca la scena con un provvedimento alla volta, preso in meschina solitudine, dopo ipocriti inviti alla cooperazione. Si riempie la bocca di paroloni, si auto incensa e non affronta il toro per le corna. Alle 18 della sera prima, l'annuncio della chiusura delle scuole in tutta Italia, pone un termine alla data del 15 Marzo. Guardate bene e diffidate. La pandemia verrà dichiarata dall'OMS solo dopo il 15 Marzo e questo perché nel 2017 la Banca Mondiale, d'accordo con l'OMS, lanciò un'obbligazione da 490 milioni di euro legata alle pandemie, con scadenza 15 marzo 2020. Loro salvano così i loro titoli e, solo poi, fregheranno a noi. Conte lo sa e non lo dice, ma si parla di aprile e gli espertucoli annunciano che il virus soffre il caldo. Quindi, giugno? Esami orali o via internet? Si annuncia il sei politico? Vuoi vedere che arriva Rosseau? Ci sono alcune cose che farò, comunque: Continuerò con gli amici e con le giuste precauzioni, a frequentare i commercianti di prodotti italiani, i ristoranti, gli esercizi pubblici, anche se lo spritz nella plastica fa schifo e, visto che il virus non sopporta l'alcool, questa sera Vi darò la buonanotte con una grappa lombardo-veneta

Mario Donnini

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto 

La Scintilla numero 37 del 28 febbraio 2020

Gabriele Adinolfi ha redatto in un libro la mappa storica, ideologica, psicologica e geografica del terrorismo e dello stragismo

BOLOGNA: 

STRAGE SENZA UNA FINE

Secondo l'autore del libro "Orchestra Rossa" si trattò, probabilmente, di una vendetta trasversale contro l'Italia che sosteneva il riarmo nucleare di Saddam Hussein

Sulla strage di Bologna, quarant'anni più tardi, ho l'impressione che non si voglia ancora dire la verità.

La recente condanna di Gilberto Cavallini è inquietante, ma forse ancor più lo è la pretesa di perseguire i mandanti e gli inquinatori, identificati dalla Procura intorno a Licio Gelli nell'alveo del cosiddetto "Supersismi", ovvero tra i capi dei servizi segreti definiti deviati. Il problema è che tra i mandanti e i depistatori mancano tutti, dicasi tutti, i depistatori colti con le mani nel sacco. Strano modo di ricercare la verità!

Si tratta dei dirigenti del Sismi Musumeci, Belmonte e Santovito che costruirono il depistaggio "terrore sui treni", con tanto di esplosivo e mitra. Costoro, tutti pidduisti, furono condannati per quel depistaggio, organizzato insieme ad altri compari, alcuni dirigenti di servizi non italiani, ordito...tre settimane prima della strage. Che preveggenza!

Con la medesima preveggenza il capo dell'Ucigos (il corpo speciale creato nel 1977), De Francisci, lanciò una pista alternativa, quella palestinese, sempre tre settimane prima della strage alla stazione. Oltre a costoro, nella lista degli indagati manca anche il primo accusatore dei fascisti, Russomanno, un dirigente del Sisde (il servizio d'intelligence del ministero dell'interno) che all'epoca del depistaggio si trovava in carcere per favoreggiamento delle Brigate Rosse. E non c'è neppure il capitano dei Carabinieri Pandolfi che restituì il passaporto smarrito sul luogo dell'attentato a un militante di Barbagia Rossa e, in seguito, arruolò un certo Ciolini in una prigione svizzera per operare un altro depistaggio decisivo.

Se si sorvola su tutto questo mentre si pretende di voler perseguire i mandanti della strage qualcosa proprio non va!

Noto inoltre che si continuano a ignorare i risultati delle recenti perizie che ci permettono di riconoscere la tecnica usata per l'attentato, molto simile a quella utilizzata in altri scenari da una certa ultrasinistra.

Si finge persino di non accorgersi che le vittime non furono 85 ma 86 o addirittura 87 e che tra queste si trovavano verosimilmente un paio di trasportatori dell'esplosivo, che con tutta probabilità avrebbe dovuto proseguire per la Puglia, obiettivo dell'azione brigatista.

Pur di tener nascosto tutto questo, già il 2 agosto 1980 venne immediatamente inquinato lo scenario della strage e partirono diversi depistaggi: io personalmente ne fui l'oggetto per ben tre volte. E ancora oggi non si vogliono considerare le presenze in loco, ormai acclarate, di alcuni personaggi italiani e tedeschi orbitanti nell'area della lotta armata rossa.

Perché tanta caparbietà nel coprire ulteriormente delle persone che appartenevano a strutture sconfitte dalla storia? Perché la verità su Bologna non può essere raccontata in quanto si trattò probabilmente di una vendetta trasversale contro l'Italia che sosteneva il riarmo nucleare di Saddam in Iraq e perché i terroristi vennero fatti saltare in aria da presunto fuoco amico durante la consegna delle valigie, con piena consapevolezza da parte delle nostre "barbe finte".

Troppo imbarazzante sarebbe ammettere il ruolo dei nostri servizi segreti così come quello di certi nostri "alleati". Né è facile riconoscere la composizione del terrorismo internazionale, tale quale realmente fu, sulla trama della rete partigiana attiva fin dai tempi della Guerra di Spagna e che mostra delle collaborazioni spregiudicate agli alti livelli.

Si consideri che la colonna rossa presente quel 2 agosto a Bologna era legata alla Stasi della Germania comunista e al Superclan brigatista operante da Parigi ed aveva delle relazioni preferenziali con diversi servizi occidentali e in particolare con il Mossad israeliano e con il nostro "Supersismi".

Possiamo dedurne che non si voglia sollevare il lenzuolo che copre la verità.

Nella mia battaglia per riaffermarla, una battaglia che si articola in diverse iniziative, anche legali, ho redatto la mappa storica, ideologica, psicologica e geografica del terrorismo e dello stragismo.

Chi sa leggere tra le righe troverà riscontro di quanto scrivo da diversi elementi che emergono, neppur troppo criptici, nel film Munich di Spielberg.

Ho raccolto tutto nel mio Orchestra Rossa, edizioni Avatar, in uscita ai primi di marzo 2020.

Non sarà forse esaustivo perché le indagini - autonome e indipendenti - proseguono indefesse, ma lo ritengo essenziale per capire cosa è accaduto, come e perché.

Non solo per fare storia e per rendere giustizia a chi è stato accusato di delitti mai compiuti, ma per comprendere e controbattere i nuovi terrorismi religiosi che ripercorrono gli stessi format di quel tempo e rispondono alla fin fine alle medesime centrali che operavano allora.

Gabriele Adinolfi

Il libro di Gabriele Adinolfi che racconta delle stragi e della rete del terrorismo internazionale attiva senza soluzione di continuità fin dal 1936. 

294 pagine di testo, 35 di note, 4 indice nomi. Edizioni Avatar.

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto    

La Scintilla numero 36 del 14 febbraio 2020

Germania e Francia utilizzano il proprio istituto pubblico per finanziare imprese e progetti ambientali

UNA BANCA PUBBLICA CONTRO IL MES

In Italia abbiamo quattro banche ad azionariato pubblico, ma nessuna di queste è attualmente impiegata come una vera banca pubblica

Solitamente una azienda in crisi di liquidità cerca un finanziamento per rilanciare la propria attività con un piano strategico. Capita spesso però che questi finanziamenti non vengano perfezionati poiché compromessi dai bilanci e dal "rating" ovvero lo stato di salute dell'azienda. Succede così che chi non ha un buon bilancio in attivo non può accedere al finanziamento e quindi è destinato al fallimento. Nel caso degli stati membri dell'Unione Europea la cosa non cambia. A che serve quindi il MES se lo può utilizzare solamente chi non ne ha bisogno? Inizialmente pure la Germania era contraria a questa assurdità del MES e vi ha aderito solo perché i criteri di accesso ai finanziamenti del MES sono diventati estremamente rigidi, fino al punto da riservare questo strumento ai soli Paesi che stanno rispettando i vincoli del fiscal compact (incluso il rapporto debito pubblico/PIL al 60%...). Una ragione può essere la crisi della Deutche Bank che molti si augurano fallisca ma non è tifando per il suo fallimento che troveremo sollievo finanziario, anzi, più di qualche nostra azienda ne pagherà pesanti conseguenze sia finanziarie che occupazionali. Ecco perché riteniamo che il nemico non siano proprio i politici tedeschi ma casomai i banchieri tedeschi che come quelli italiani o britannici o francesi non hanno il benché minimo senso di appartenenza al proprio Stato se non in una ottica speculativa. Ultimamente è tutto un continuo strillare contro il MES, contro la Germania, contro l'Europa ma proviamo anche a cercare qualche buona alternativa con i mezzi che possiamo avere a nostra disposizione: In Italia abbiamo 4 banche ad azionariato pubblico, Mediocredito Italiano, Carige, MPS e la Cassa Depositi e Prestiti, ma nessuna di queste è attualmente impiegata come una vera banca pubblica. Infatti, se lo fossero, queste banche potrebbero accedere ai finanziamenti della BCE a tasso zero (o addirittura negativo) ed impiegare questa raccolta per finalità produttive. Attualmente, la BCE presta il denaro agli istituti di credito privati ad un tasso intorno allo 0,05%, e questi, una volta ricevuto il prestito della BCE, utilizzano quel denaro per acquistare titoli del debito pubblico, che hanno rendimenti variabili dall'1,50% sui bond decennali italiani fino al 10% per altri titoli di debito; un'operazione definita carry-trading nel gergo bancario, ovvero quando una banca compra massicce quantità di titoli di Stato. Normalmente gli stessi istituti bancari privati riprestano quel denaro - ad un tasso di interesse più alto - alle imprese, costrette ad indebitarsi ad un tasso di interesse più oneroso. L'Italia però potrebbe anche chiedere direttamente il denaro in prestito alla BCE allo 0,05%, con un ingente risparmio per il bilancio dello Stato, e finanziare così il suo stesso debito pubblico, utilizzando questi istituti di credito pubblico per ricomprare i bond emessi dallo Stato italiano ad un tasso di interesse piuttosto basso. Questo tipo di attività condurrebbe ad una riduzione sostanziale dello spread. Uno degli Stati membri che meglio si è servito del principio presente nei trattati europei è la Germania, che quando si tratta di sfruttare i vantaggi derivanti dalle norme europee non rimane certo con le mani in mano. La KfW Bankengruppe è l'istituto bancario pubblico tedesco, partecipato all'80% dalla Repubblica Federale Tedesca e al 20% dai Land. Il Governo tedesco, grazie alla KfW, contabilizza tutta una serie di operazioni che altrimenti andrebbero nel bilancio federale, in questo modo "occulta" una parte consistente del suo debito pubblico. Tramite la KfW, il governo tedesco finanzia le imprese a bassi tassi di interesse, promuove progetti di sviluppo ambientale e la costruzione di infrastrutture, permettendo all'istituto bancario tedesco di finanziare gli istituti pubblici. Grazie all'art.123 del TFUE, la KfW mette in atto quel meccanismo che abbiamo descritto sopra, chiedendo il denaro in prestito alla BCE al tasso dello 0,05%, e offrendo in cambio l'emissione di titoli del debito per garantire quel prestito. Una volta ricevuto il denaro, la banca pubblica provvede ad erogarlo alle banche private tedesche. In questo modo, un'enorme massa di liquidità monetaria riesce ad essere trasmessa al settore privato, senza andare a violare la lettera dei trattati. A questo punto la domanda legittima che ci poniamo è: perché l'Italia non segue l'esempio della Germania visto che possiede ben 4 banche pubbliche? Il compito del governo non è poi così complicato, poiché sarebbe sufficiente partire dall'utilizzo di queste 4 banche, per far loro svolgere le stesse funzioni della KfW tedesca. Piero Puschiavo

LE BANCHE TORNINO AL CREDITO 

È di moda colpevolizzare gli italiani, soprattutto per la bassa crescita economica. Non parliamo poi degli altri vizi nazionali, che ci vedrebbero in fondo a tutte le classifiche di merito, innanzitutto per via dell'evasione fiscale e del familismo amorale, sinonimo politicamente corretto di mafiosità. È ridicolo, è vero, un PIL che cresce dello 0,1% nel 2019 e che aumenterebbe dello 0,4% nel 2020. Ma in realtà la bassa crescita dipende dalle scelte sbagliate di politica economica e finanziaria. Tornare al "BOT People". C'è un punto fondamentale, da correggere: le famiglie italiane pagano le tasse, ma gli interessi sul debito pubblico vengono incassati prevalentemente dal sistema finanziario. Tutto parte dalla politica dell'avanzo primario del bilancio pubblico, ovvero dalla somma prelevata con le imposte che serve a pagare una quota degli interessi sul debito pubblico, che ha un effetto recessivo sull'economia reale. Da quasi trent'anni, lo Stato preleva con le imposte dall'economia reale più risorse di quante non ne spende poi per le retribuzioni dei dipendenti, le pensioni, gli acquisti di beni e servizi e gli investimenti. Invece di avere un moltiplicatore economico positivo, per via delle spese pubbliche finanziate in deficit, abbiamo un demoltiplicatore strutturale. L'avanzo primario mostra una riduzione per il 2019 all'1,3% del PIL e per il 2020 all'1,1%, mentre nel 2021 e 2022 si prevede un aumento all'1,3% e 1,6%. Il deficit di bilancio serve solo a finanziare la restante quota degli interessi, quella che non viene pagata con le imposte. L'economia reale contribuisce, attraverso la spesa per gli interessi sul debito pubblico, ai profitti del sistema finanziario. Poiché il debito pubblico è detenuto da Residenti in Italia per una percentuale che oscilla tra il 70% ed il 75%, mentre la quota complementare è detenuta da Non Residenti, ciò significa che una identica percentuale di interessi va ad arricchire i conti di Banche, Assicurazioni, Fondi Previdenziali e di Investimento che hanno in portafoglio i titoli di Stato italiani. Nel solo periodo 2009-2019, le spese per interessi sul debito pubblico italiano sono state pari a 773 miliardi di euro, mentre il debito è aumentato di 553 miliardi: la differenza, pari a 220 miliardi, è l'avanzo primario accumulato, la quota degli interessi pagata con le imposte. La minaccia dello spread è strumentale: è la clava che viene usata dalla "speculazione" per farsi pagare bei soldoni, ma che fa comodo a tutti i detentori di titoli di Stato italiani. Guardate i conti delle Banche: mentre non danno niente ai correntisti, a cui fanno pagare ogni servizio di pagamento, incassano invece gli interessi sui titoli di Stato. Titoli che comprano, ovviamente, con i depositi dei correntisti. È il caso che le famiglie italiane tornino a comprarsi direttamente i titoli di Stato, incassando loro gli interessi. Se potessero poi pagare le imposte versando titoli al valore nominale, si abbatterebbe lo spread, perché ci sarebbe una forte pressione ad acquistarli. Nel 1996, le famiglie italiane detenevano titoli di Stato italiani per un controvalore di 352 miliardi di euro e depositi bancari per 547 miliardi, su un totale di 1.957 miliardi di attività finanziarie e di 4.473 miliardi di ricchezza netta. Venti anni dopo, nel 2007, le famiglie italiane detenevano titoli obbligazionari complessivi per 314 miliardi e depositi bancari per 1.361 miliardi, su un totale di 4.374 miliardi di attività finanziarie e 9.743 miliardi di ricchezza netta. Nel secondo trimestre di quest'anno, le "famiglie e le istituzioni senza fine di lucro al servizio delle famiglie" detenevano depositi bancari a vista per 981 miliardi di euro ed altri depositi bancari per 441 miliardi. per un totale di 1.422 miliardi di euro. Ma detenevano titoli pubblici per appena 138 miliardi di euro, su un totale di 4.315 miliardi di attività finanziarie. Alla stessa data, le Banche e le altre istituzioni finanziarie e monetarie detenevano titoli pubblici per 778 miliardi, gli Altri Intermediari finanziari per 68 miliardi e le Imprese di Assicurazione ed i Fondi pensione per 319 miliardi. All'estero erano detenuti titoli pubblici per 598 miliardi di euro. Siamo in un sistema di doppia intermediazione: le Banche gestiscono praticamente tutte le risorse liquide delle famiglie che investono in titoli di Stato, considerati impieghi altrettanto liquidi: a fronte di 981 miliardi di depositi a vista delle Famiglie, detengono 778 miliardi di titoli pubblici. Le Banche devono tornare a raccogliere il risparmio e fare credito, non vivere con i proventi del sistema dei pagamenti pagati dai correntisti ed incassare la rendita dei titoli di Stato. La smetterebbero finalmente di frignare, visto che oggi sarebbero loro a "salvare l'Italia comprando il debito pubblico". Le Banche tornino al credito e lascino i titoli di Stato alle Famiglie. Guido Salerno Aletta

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto   

La Scintilla numero 35 del 1 febbraio 2020

Stiamo vivendo un periodo di vera crisi culturale che grava su economia e sistema bancario

CRISI DI IDEE E SOCIETÀ IN DECLINO

Le nostre società sono ormai composite, pluraliste, sciolte e mescolate dal punto di vista culturale, etnico, linguistico, religioso.

Come ha scritto l'ex Governatore della Banca d'Inghilterra, Mervy King, nel suo libro "La fine dell'Alchimia", «questa non è una crisi delle banche o delle politiche, bensì una crisi di idee». Si può quindi far rinascere l'alta cultura di un tempo? Si potranno usare le parole che Charles Dickens usa per raccontare gli anni della rivoluzione francese e quelli immediatamente successivi a quel che fu il Regime del Terrore, per descrivere questa nostra epoca? Il tempo che viviamo, schiacciato tra la rivoluzione tecnologica e il terrore della grande crisi economica, si potrebbe paragonare a quel periodo? Che si tratti di una preoccupante crisi delle idee e, dunque, di crisi della cultura nel senso più ampio, si sta facendo sempre più diffusa e apre così a un problema di portata enorme sulle cui origini e sulle possibili vie d'uscita, al contrario, troppo poco si indaga assecondando la facile vulgata che tutto riconduce alla contrapposizione tra popolo ed élite. Da ricordare, il premio Nobel per la letteratura del 1948 Thomas Eliot, che definì la cultura come una "religione incarnata" e strutturata su una gerarchia di classe indispensabile per creare e conservare la vera e alta cultura. Il suo concetto però non sconfina nella questione economica e politica, ma è declinato in termini culturali quale condivisione di un modo di vivere acquisito attraverso la famiglia di appartenenza, la propria terra, la propria comunità, attraverso l'educazione, le attività del tempo libero, la partecipazione a forme associative su scala ridotta e di carattere personale. La classe offre alla persona il terreno più adatto affinché anche la sua creatività letteraria e artistica possa esprimersi al meglio. Una sorta di habitat naturale dove la mente e il pensiero si apre. Una sana cultura deve essere sostenuta da una gerarchia di classe che realizza se stessa. Il livellamento culturale al quale stiamo vivendo oggi infatti, produce quel tipo di anti-cultura nociva all'intera società. Dunque, per Eliot, una società non religiosa che abbia "privatizzato" la religione relegandola al livello delle vite individuali diventa anti-culturale, allo stesso modo di una società che respinge le istituzioni sociali esistenti e invoca la loro sostituzione diventando così anch'essa anti-cultura. Si sta imponendo un'anti-cultura dell'élite che ignora totalmente la cultura popolare, si compiace nella profanazione del sacro, proponendosi trasgressiva contro la vita ordinaria e, anziché costruire sul passato, lo distrugge deliberatamente, proponendosi senza radici, senza alcuna coesione e continuità sociale, con l'unico collante dato dalla tecnica e dalla managerialità e dal supremo interesse dei "mercati". In questo, e contro questo, contesto andrebbe letto con maggiore attenzione il diffondersi di quelli che, molto sbrigativamente, vengono definiti "POPULISMI". Il populismo infatti, può essere, considerato una reazione ragionevole, seppur inconsapevole, alleato naturale anche del conservatorismo... In ogni caso occorre ridare centralità alla famiglia, alle comunità locali, alle piccole imprese, alle banche locali e del territorio e a tutto ciò che le comunità virtuali, le multinazionali e la grande finanza stanno tentando di distruggere In cambio di questo passo, intellettuali, studiosi, critici, genitori potrebbero e dovrebbero tornare ad assumersi la responsabilità di trasmettere ai giovani la tradizione dell'alta cultura, riconoscendo che i prodotti dell'anti-cultura, propri del più becero progressismo, ovvero il peggior surrogato del comunismo, non sono utili per una società sana ed intelligente. La nostra sfida dunque si schiera contro la globalizzazione poiché determina sempre più una mutazione sostanziale del nostro assetto sociale, economico, politico, culturale, tecnologico in cui si pongono, con evidenza e forza crescenti, diverse sfide. Come semplici cittadini siamo invitati a capire sempre più ciò che succede e non assumere posizioni banali e semplicistiche. Pensiamo, tra gli esempi più importanti e determinanti, all'emergenza emigrazione. Le nostre società sono ormai composite, pluraliste, sciolte e mescolate (melting pot), dal punto di vista culturale, etnico, linguistico, religioso. Volti, lingue, tradizioni, religioni, usanze si incrociano a una velocità impressionante. Ciò è oramai un fenomeno irreversibile. I governanti devono prevedere le emergenze, progettare gli sbocchi concreti e tutelare il bene della comunità attraverso la formazione e preparazione culturale di chi vuole governare. In questo momento non c'è cosa più stupida e dannosa di affrontare i vari problemi che alla base hanno una visione principalmente culturale con lo stesso atteggiamento del tifo da stadio!

FERMENTI CULTURALI DA NON TRADIRE

C'è da alcuni anni un fermento editoriale a destra (usiamo questo termine per semplificazione, sapendo che a qualcuno farà storcere il naso), che a nostro avviso deve essere preso in considerazione, sostenuto, promosso, valorizzato. Tutte esperienze che alla politica possono offrire davvero tanto; riviste cartacee interessanti, di vario taglio e di notevole qualità (Il Primato Nazionale, Storia Rivista, Polaris, Cultura Identità, l'ultima arrivata Il Guastatore, solo per citarne alcune), con diffusione in taluni casi tutt'altro che di nicchia; giovani o relativamente giovani case editrici, coraggiose, dinamiche, prolifiche (Ferrogallico, Eclettica, Passaggio al Bosco, Idrovolante, Altaforte, Oaks, Aga, Fergen e via elencando), che vanno ad affiancare altre case storiche come Settimo Sigillo, Edizioni Ar, Ritter, Controcorrente; tante iniziative di varia natura (siti d'informazione, approfondimento, confronto e dibattito, think tank, centri studi, etc.) presenti sulla rete, come per esempio noreporter.org, barbadillo.it, destra.it, orwell.live, progettoprometeo.it, nazionefutura.it, e tante altre (di cui noi non necessariamente sposiamo contenuti, posizioni e prospettive, ma qui preme evidenziare appunto un fermento, da cui potenzialmente possono scaturire convergenze, collaborazioni, sinergie, sintesi). Una conferma che smentisce presunti luoghi comuni come quello che in certi ambiti politici non c'è - e non si fa - cultura, come se si trattasse di un deserto, di una landa desolata con rarissime e comunque confinate eccezioni: una falsità a cui solo gli idioti possono credere, e che solo i mistificatori interessati e i disinformatori di professione possono sostenere (anche del rapporto tra fascismo e cultura si sostenne, e si sostiene ancora, una simile scemenza, che collide con le evidenze e le eredità storiche); una falsità che purtroppo talvolta viene condivisa anche dall'interno del nostro mondo... Vi è invece oggi una crescente vivacità, una ricerca di sintesi, una spinta alla circolazione di idee, di contributi teorici, di analisi e proposte che testimoniano esattamente il contrario. È nostra ferma convinzione che l'identità culturale di questo pur variegato mondo, con le sue specifiche visioni, vada sostenuta, rilanciata, affermata, pensata ed elaborata sì, ma non tradita, non metabolizzata e digerita da mefitiche paludi, come successe in un recente passato segnato da contingenze favorevoli in termini di successo elettorale per un certo ambiente politico, che poi però tradì speranze, potenzialità, energie, capacità a vantaggio di una "proposta culturale" spesso appaltata a personaggi formatisi nel segno di ideologie nemiche, con tutte le ricadute negative del caso. Non dimentichiamo, ma non vogliamo vivere col torcicollo. Guardiamo avanti. Ora viviamo un altro momento apparentemente favorevole in termine di consenso, di crescita di istanze e sigle di quello che qui vogliamo definire, sempre per semplificazione, "il nostro mondo politico". Non si sprechi ancora un'occasione! Al di là delle appartenenze e dei percorsi, si faccia tesoro del ruolo imprescindibile che la cultura svolge per la Politica (quella con la maiuscola) e, nello specifico, dell'inestimabile lavoro che svolgono le tante realtà che, controcorrente e tra mille difficoltà, ma senza venir meno all'adagio di "non aver paura di avere coraggio", tengono alta la bandiera della nostra cultura politica, storica, sociale e identitaria. Nel nostro piccolo, con umiltà, cerchiamo di offrire un contributo di conoscenza e divulgazione. Seminiamo alacremente nella fiducia di un futuro raccolto. Circolo Librario Ardente

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto  

La Scintilla numero 34 del 17 gennaio 2020

108 capi di imputazione per chi ha sottratto bambini alle famiglie per motivi ideologici, economici o sessuali

CASO BIBBIANO: 

CHIUSE LE INDAGINI

Pubblicati i risultati da parte della Procura di Reggio Emilia sull'inchiesta "Angeli e Demoni". Gli indagati sono 26 tra cui il Sindaco

Se qualcuno pensava che il "caso Bibbiano" fosse solo uno slogan (come detto dal portavoce delle sardine), oppure solo un "raffreddore" (come ipotizzato dalla Commissione regionale) o magari una deprecabile "congiura politica" (come sostenuto da Graziano Del Rio e da tutti i vertici del Pd)... ecco che è arrivata, martedì 14 gennaio, una voce che zittisce tutti.

Infatti, sono ben 26 le persone indagate di cui potrà essere richiesto il rinvio a giudizio e, tra esse, figura anche il sindaco Pd di Bibbiano accusato di falso e di abuso d'ufficio. Le imputazioni contestate sono salite da 102 a 108 e si va dal peculato alle lesioni dolose gravissime, dalla violenza privata alla falsa perizia; dal depistaggio ai maltrattamenti in famiglia; dalla frode processuale alla truffa aggravata... Solo le posizioni di 4 indagati sono state stralciate, mentre per un'altra persona (che ha denunciato i soprusi) è stata accolta la richiesta di patteggiamento.

Come spiegato dal procuratore, adesso «si apre una fase in contraddittorio con gli indagati e i loro difensori che potranno esercitare i diritti previsti dall'articolo 415 bis Cpp nel termine di 20 giorni». Significa che, entro la prima settimana di febbraio, la Pm titolare dell'indagine, valutati gli eventuali elementi nuovi prodotti dagli indagati, deciderà le richieste di rinvio a giudizio.

L'informazione nazionale ha cercato in tutti i modi di minimizzare la notizia dando interpretazioni distorte. Già, poco dopo la notizia pubblica, era divertente (o tragico) ascoltare i commenti dei Tg. In alcuni casi anche la persona più colta, attenta e informata non avrebbe capito nulla, perché si è cercato di confondere l'unica e semplice verità.

Siamo, però, curiosi di ascoltare (se ci saranno) i commenti delle sardine, della Commissione regionale, di Zingaretti, di Del Rio e di tanti esponenti del Pd che, ancora ieri, esultavano perché erano stati revocati gli arresti domiciliari del "loro" sindaco (non poteva reiterare il reato né inquinare le prove). Adesso esulteranno un po' meno, anche se faranno di tutto per disinformare gli italiani.
Per loro Bibbiano resta una "ferita" aperta, per noi una battaglia di civiltà. Testo di Federico Gennaccari

108 CAPI D'IMPUTAZIONE PER BIBBIANO

I reati contestati sono, a vario titolo, peculato d'uso, abuso d'ufficio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, falsa perizia anche attraverso l'altrui inganno, frode processuale, depistaggio, rivelazioni di segreto in procedimento penale, falso ideologico in atto pubblico, maltrattamenti in famiglia, violenza privata, lesioni dolose gravissime, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Il Fatto Quotidiano spiega: Le indagini sono state coordinate dalla pm Valentina Salvi e dal procuratore di Reggio Emilia Marco Mescolini, esplodono il 27 giugno. Secondo l'accusa i bambini sono stati tolti alle famiglie dopo aver raccontato violenze sessuali e psicologiche inventate. Anzi inculcate per guadagnarci sopra. Un'organizzazione che, per i pm, faceva girare centinaia di migliaia di euro, equamente spartiti a seconda del ruolo. Bastava un accesso al pronto soccorso o la chiacchiera di un bimbo a un'insegnante, oppure una qualsiasi segnalazione, anche labile, di un abuso sessuale per procedere all'allontanamento del minore dalla famiglia, attraverso una relazione falsa che assume per certo la violenza con l'immediato invio del minore alla struttura pubblica. Qui ai piccoli veniva inculcata "la verità"da parte di professionisti riconducibili all'associazione "Hansel & Gretel"di Moncalieri (Torino). Tra gli indagati anche la psicoterapeuta: in un caso prometteva "benessere"e"vantaggi"a una bambina se avesse svuotato gli "scatoloni" dei suoi ricordi, cioè accusato il papà. 

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto 

La Scintilla numero 33 del 3 gennaio 2020

In Canada è legale da circa un anno ma i dati emersi smontano qualsiasi tesi positiva

LEGALE LA COLTIVAZIONE DI DROGA

Anche la comunità di San Patrignano contro la scellerata decisione del Governo nonostante i diritti sull'infanzia

In attesa che vengano rese pubbliche le motivazioni della pronuncia del 19 Dicembre con cui le Sezioni Unite Penali della Cassazione hanno giudicato lecita la coltivazione domestica di cannabis, esprimiamo la nostra più viva preoccupazione per le eventuali conseguenze che, da questa decisione, si potrebbero riverberare negativamente sul nostro sistema sociale, già duramente colpito da una comprovata emergenza educativa così come più volte ricordato anche da Papa Francesco.

Infatti, coltivare lecitamente in ambiente domestico una sostanza stupefacente inciderà negativamente sull'educazione dei minori che cresceranno, sempre di più, nella convinzione che l'utilizzo di cannabis sia innocuo e socialmente condiviso nello strisciante e progressivo percorso verso la legalizzazione che da anni è ormai in corso nel nostro Paese.

Tutto ciò quando le evidenze scientifiche hanno ormai ampiamente dimostrato le conseguenze negative sulla salute della popolazione e, in particolare, sullo sviluppo cerebrale in età evolutiva. Mentre i Tribunali dei Minori continueranno ad emettere sentenze di allontanamento di adolescenti da genitori tossicodipendenti a causa della loro incapacità educativa, il ramo superiore della Magistratura ritiene invece lecito che un genitore coltivi e consumi una sostanza stupefacente in casa in presenza dei propri figli. Desideriamo ricordare la Convenzione sui diritti dell'Infanzia approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176.

In particolare l'art. 33 recita testualmente: "gli Stati adottano ogni adeguata misura, comprese misure legislative, amministrative, sociali ed educative per proteggere i fanciulli contro l'uso illecito di sostanze stupefacenti e di sostanze psicotrope, così come definite dalle Convenzioni internazionali pertinenti e per impedire che siano utilizzati fanciulli per la produzione e il traffico illecito di queste sostanze". Vogliamo infine ricordare i continui casi di intossicazione di minori che ingeriscono sostanze stupefacenti di ogni genere detenute in casa (frequentemente anche cannabis), nonché la esponenziale crescita di casi di accesso al pronto soccorso di adolescenti colpiti da attacchi di panico e ansia provocati dal consumo di cannabis, continuamente denunciati da autorevoli esponenti della neuropsichiatria. Confidiamo in quella parte delle Istituzioni e del Paese in cui prevalgano ancora i valori e i principi alla base di una corretta educazione che possa garantire agli adolescenti e a tutti noi di crescere e vivere in una società libera dalla droga e da tutte le forme di dipendenza.

Fonte: sanpatrignato.org

DAL CANADA LEGALIZZATORE, CATTIVE NOTIZIE

A un anno dalla legalizzazione della sostanza in Canada, i dati che emergono smontano la tesi per cui il mercato legale destruttura quello illegale. Al contrario, oltre metà dei consumatori canadesi continua a preferire i circuiti del nero.

Il 17 ottobre 2018,il Canada legalizzava la cannabis per uso ricreativo. A un anno di distanza, escono i primi dati.

Tra ottobre 2018 e marzo 2019, lasso di tempo in cui le cifre sono stabilizzate, lo Stato canadese ha raccolto oltre 127 milioni di euro dalla vendita della sostanza nel circuito legale. Anche se mancano alla rendicontazione gli ultimi mesi dell'anno, le proiezioni sembrano ben distanti da quel miliardo di dollari canadesi, corrispondenti a circa 700 milioni di euro, che il l'erario puntava a incassare. Le ragioni? Per André Lamoureux, professore di scienze politiche all'Université du Québec à Montréal, intervistato da Alternative Economiques, la prima è la fretta: «Justin Trudeau si è lanciato in un'avventura per compiacere l'elettorato giovane e apparire "figo". Ma i fornitori non erano pronti a soddisfare la domanda".

SUSSIDIARIETA' ILLEGALE

Conseguenza? Un mutamento strutturale del mercato nero. Mercato nero che non scompare, ma diventa complementare a quello illegale. Come nel caso del gioco d'azzardo, l'illegale è funzionale al legale e viceversa.

Certamente, la possibilità di acquistare cannabis terapeutica sul mercato legale ha ridotto la richiesta su quello illegale. Ma ha anche innescato una concorrenza sui prezzi, che sul mercato nero sono calati vistosamente e, in previsione, potranno portare vistosi vantaggi competitivi e alte marginalità agli operatori illegali.

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto


La Scintilla numero 32 del 20  dicembre 2019

Grazie a questo Governo, abbiamo un'organizzazione criminale che ha trasferito in Italia decine di migliaia di propri soldati

L'ITALIA ORAMAI FUORI CONTROLLO 

Fino al 2013, anno del golpe PD al governo, i nigeriani non erano nemmeno tra le prime dieci nazionalità d'ingresso.

Stiamo creando piccole enclave fuori controllo sul territorio italiano "grazie" al delirante e criminale progetto targato PD,M5S,Vati-cano e Unione Europea di "ripopolamento" della penisola. Uno scenario già presente in Francia, dove esistono zone letteralmente impenetrabili se non dall'esercito in pieno assetto da guerra. Verrà il giorno in cui la guerriglia deflagrerà anche da noi e allora saranno dolori, anche perché a forza di "buonismo" la gente è completamente impreparata ad affrontare contesti del genere. Sarebbe quindi intelligente pensarci prima che la situazione arrivi a un momento di non ritorno.

Fino al 2013, anno in cui il PD ha preso in mano il governo da solo con un golpe di palazzo, i nigeriani non erano nemmeno tra le prime dieci nazionalità d'ingresso.

Poi il boom. In un crescendo che ne ha portati nel 2017 quasi 50 mila in un solo anno, come se volessero accelerare questo trasferimento in vista dell'arrivo di un nuovo governo. Ma nessuna procura si è mai sognata d'indagare su tutto ciò.

Detto più chiaramente, qui abbiamo un'organizzazione criminale che ha trasferito in Italia decine di migliaia di propri soldati, dall'altra parte abbiamo un governo che organizza da anni una sorta di servizio taxi dalla Libia all'Italia, a cui poi si è unito per tempo quello privato delle ONG pagate e sostenute da figure ormai ben note a tutti. La guerra non è in Africa ma si sta spostando nelle nostre città dove sono stati deportati da mafia e Stato centinaia di migliaia di sbandati pronti a tutto.

Bisogna mettersi in testa che è ora di farvi fronte prima che sia troppo tardi...


LE MAFIE AFRICANE  NATE DAL POLITICAMENTE CORRETTO

Bisogna essere davvero grati agli accoglitori professionali di Caritas, PD, CGIL, Vaticano e tutta la masnada di utili idioti dei centri sociali e associazionismo vario per aver permesso di radicarsi sull'intera penisola, nel giro di pochissimi anni, della più grande concentrazione di malavita organizzata dal continente africano. Parliamo ovviamente della mafia nigeriana, "la più forte" tra le organizzazioni criminali straniere che operano sul nostro territorio: così l'ha definita la scorsa settimana il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho.

Una piovra che possiede "articolazioni in quasi tutte le regioni italiane e in ogni Paese del Vecchio Continente", oltre a poter contare su "una base molto forte nel proprio Paese d'origine".

Un'unica "cupola" coordina le operazioni sui singoli territori occupandosi di droga, prostituzione, traffico di organi, immigrazione clandestina, racket commerciale, smercio d'armi, proventi dell'accattonaggio di strada, etc. etc. La rete presente in Libia organizza la traversata sui barconi in sinergia con le diverse ONG disseminate nel Mediterraneo, mentre i sodali che operano sul territorio italiano provvedono a fornire i documenti e a sistemarli abusivamente nei centri di accoglienza per richiedenti asilo. Poi da lì in avanti provvede l'organizzazione per distribuirli su tutti i "mandamenti" della penisola, con particolare riguardo per quelle aree amministrate dal PD che hanno fatto dell'immigrazione clandestina un dogma politico programmatico.

Tanto che se qualcuno prova a sollevare il velo su questa mafia spietata cresciuta come un fungo sotto i nostri occhi, come dovrebbe essere del tutto normale, lanciano subito anatemi di "razzismo" e "fascismo" per bloccare sul nascere ogni possibile indagine o discussione. E finora, bisogna ammetterlo, sono riusciti nel loro intento criminale grazie alla dabbenaggine e passività di larghe fette della popolazione italiana.

Secondo i dati della Banca d'Italia le rimesse verso la Nigeria sono raddoppiate dal 2016 al 2018, anche e soprattutto grazie ai proventi delle attività illecite.

Si parla di cifre da capogiro: 74 milioni di euro trasferiti soltanto lo scorso anno attraverso money transfer o hawala, il sistema fiduciario di trasferimento di valori diffuso in Medio Oriente e Nordafrica, senza parlare poi di tutti gli altri canali "illegali" su cui non vi è alcuna capacità d'intervento. È un quadro sconcertante ma, secondo il politicamente corretto, non ci resta che ripetere tutti insieme il seguente mantra: "Gli immigrati ci pagheranno le pensioni!", e così grazie a questa cantilena ripetuta senza posa siamo tutti felici e sedati...

...scarica questo numero cliccando il link qui sotto.

La Scintilla numero 31 del 13 dicembre 2019

Attribuire all'uomo i cambiamenti climatici in atto, significa non aver capito nulla...come la Cop25

MITI E PROTESTE CONTRO NATURA

Gianfranco Ruggiero del Circolo Cuturale "Excalibur" spiega le insensate proteste pseudo ecologiste da avanspettacolo

Protestare contro i cambiamenti climatici, che ci sono sempre stati e sempre ci saranno, è come contestare i temporali. Sono fenomeni che fanno parte delle dinamiche della natura, alcuni sono ciclici e prevedibili come le stagioni, altri sono improvvisi e imponderabili come i terremoti. Eventi che dipendono da un'enorme quantità di fattori in continua modificazione, che nessun modello matematico è in grado di elaborare.

L'isteria collettiva mette sul banco degli imputati i cosiddetti gas serra e principalmente la CO2, accusata di essere la causa primaria del surriscaldamento del pianeta. L'anidride carbonica è invece fonte di vita: è indispensabile per le piante che la trasformano in ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana. Senza la CO2 non ci sarebbe alcuna forma di vita sulla terra. Per compensare l'aumento dell'anidride carbonica - che comunque va contenuto - basterebbe incrementare la quantità di alberi e di superfice verde.

L'aria che respiriamo è costituita per l'78% di azoto, 21% di ossigeno e 1% di altri gas, dove la CO2 è presente per lo 0,03%. Un eventuale aumento della concentrazione di anidride carbonica quale incidenza può avere nei cambiamenti climatici in atto? Praticamente nulla.

Questo, chiaramente, non significa che non va contrastato l'inquinamento dell'aria causato dalle attività umane (industria, riscaldamento, auto). Tutt'altro.

Il nostro pianeta è un circuito chiuso dove tutto si trasforma, nulla si crea e nulla si distrugge (legge della conservazione della massa, Lavoisier). La quantità di energia prodotta è sempre uguale a quella consumata... se non intervengono fattori esterni. L'aumento o la diminuzione della temperatura media della superfice terrestre dipende da due condizioni: il sottosuolo, costituito dalla lava che fuoriesce attraverso i vulcani, e l'irradiazione del sole. E' sufficiente un aumento delle attività vulcaniche di superficie e/o sotto gli oceani (la terra galleggia su un mare di magma incandescente) o un impercettibile scostamento dell'inclinazione del sole rispetto alla terra per determinare i cosiddetti cambiamenti climatici. La terra, da quando è nata, circa quattro miliardi di anni fa, ha subito ben quattro glaciazioni (l'ultima, quella di Würm è avvenuta 100 mila anni fa), e tra una glaciazione e l'altra il clima e la temperatura della superficie terrestre si sono ovviamente modificati. Questi cambiamenti sono avvenuti a volte in maniera graduale e quasi impercettibile, considerato il lungo lasso di tempo in cui sono avvenuti, e altre volte in modo repentino, come avvenne 15 mila anni con l'interstadio di Allerod che portò all'improvviso scioglimento dei ghiacciai alpini.

Pretendere che il clima sia perennemente stabile e immutabile e attribuire all'uomo il cambiamento in atto, significa non aver capito nulla di come funziona la natura. G.R.

Numero 30 del 7 dicembre 2019 

Ritorna La Scintilla 

Ritorna il "nostro" periodico di informazione scomoda

In un mondo che pullula di social network, dove le ore passate in rete sono in continuo aumento, anche il tempo sembra non essere più lo stesso. Sembra essere divenuto un macabro algoritmo che ci vuole sempre più veloci, come se la vita dovesse essere scandita da un nastro trasportatore. Ed ecco che nascono negozi che vendono cibo "take away" regolati da decine di telecamere, che ci permettono di prendere cibo pronto e impacchettato in vaschette e uscire dal negozio senza nemmeno pagare un euro. No, non è gratuito. Le telecamere sparse per tutto il negozio, hanno visto cosa abbiamo preso e lo hanno registrato, scalando il totale dalla nostra carta di credito. Il tutto scaricando un'applicazione dal cellulare.

I tempi in cui entravamo nella bottega del salumiere e, mentre ci imbottiva un bel panino col prosciutto, ci faceva assaggiare quel formaggio fatto in alpeggio, sembrano essere lontanissimi.
Il pane e il giornale erano le commissioni quotidiane dei nostri nonni.

Quell'odore inconfondibile della carta stampata e quello del salumiere di fiducia sono stati rimpiazzati dal sushi take away e dalle pubblicazioni online, dove chiunque scrive qualsiasi cosa, attendibile o meno e servita nell'immediato all'uomo moderno che spesso sembra un pesce fuor d'acqua, lontano da quei tempi forse arretrati ma autentici, reali.

Non a caso uno dei disturbi più frequenti di oggi è la cervicale ed è provato da osteopati e specialisti che è spesso causata dalla postura di chi guarda troppo il cellulare per trovare notizie spesso inesatte ma volte ad un'omologazione del pensiero comune a dir poco preoccupante. Interrogarsi sulla veridicità di un fatto non è contemplato in questa società satura di black fridays e cibi pronti. Indagare, ricercare voci fuori dal coro non fa più parte di questo frenetico sentire comune.

Per questo abbiamo voluto girare pagina e riproporre la pubblicazione di questo foglio, con il preciso intento di far conoscere il nostro pensiero con maggiore diffusione anche cartacea.
Riteniamo che una lettura anche rapida e veloce su di un semplice foglio di carta possa essere incisiva.

Scripta manent dicevano i latini, la connessione mica sempre. Abbiamo pensato di offrire ai nostri lettori degli spunti di riflessione da toccare con mano, senza dover mettere "mi piace".

Non abbiamo la pretesa di porci come strumento di informazione ma, in mezzo ad una miriade di false notizie, vogliamo essere una via di fuga dal pensiero pre-confezionato del web.

Molte testate giornalistiche offrono oltre al cartaceo una loro versione online, spesso per essere in contemporanea con l'accadimento dei fatti.
Non è questo il nostro caso.

Il ritorno de la Scintilla, di questo volantino, si rivolge a chiunque desideri aprire una parentesi in antitesi al politicamente corretto, liberamente, senza che nessuno ci blocchi o ci metta il bavaglio. Emma Stephan

TANTO PER ESSERE CHARI

Certi loschi figuri sono geneticamente incapaci di sostenere il vero, ma sono delle fake news viventi:

  • - l'attentato contro il writer antifascista Cibo era un petardo e non una bomba carta come da lui asserito e denunciato con ben una settimana di ritardo rispetto all'ipotetica data in cui sarebbe avvenuto;
  • - l'attentato incendiario alla Pecora Elettrica è di matrice immigrata per "nobili" questioni di spaccio, nulla a che vedere con aggressioni fasciste;
  • - gli insulti e gli attacchi subiti dalla neo scortata senatrice a vita che ha dato nome alla commissione contro l'odio, non erano 200 al giorno, ma meno di 200 all'anno, ma servivano a rilanciare la proposta di proporla come Presidente della Repubblica;
  • - gli ululati a Balotelli li ha sentiti solo lui, erano al massimo qualche decina su uno stadio da svariate decine di migliaia di persone, ma servivano di contorno per focalizzare l'attenzione del popolino sull'allarme razzismo ciclicamente in crescita in Italia e a sua volta al testimonial numero 1 dell'integrazione per antonomasia, per richiedere per ragioni politiche la nomination per il pallone d'oro e il suo ritorno in nazionale.

Tutto questo in 10 soli giorni!

Produttori seriali di notizie false e faziose...ma si sa, chi sulla menzogna ha costruito la propria identità, non può staccarsi dal substrato culturale che lo ha generato! Giordano Caracino

© 2020 Blog di Progetto Nazionale. Tutti i diritti riservati.
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia